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MONDIALI JR 2015 A S.PIETROBURGO, UN BRONZO PREZIOSO

 

 

Merito di Cangelosi nei 50 kg

Necessario il numero chiuso, visto l’espandersi della rassegna. Quasi 400 iscritti per 51 nazioni.

di Giuliano Orlando

Milano, 13 settembre 2015 – La rassegna iridata per i più giovani, nasce nel 2001, riservata ad atleti di 16-17 anni. Ospitata a Baku (Azerbajan) con 21 nazioni presenti e 132 atleti al via, 12 categorie, 3 riprese di 2 minuti. La Russia incamera 3 ori, 3 argenti e 4 bronzi, 2 ori per Ucraina, Uzbekistan, Arzebajan e Cuba, uno alla Turchia. L’Italia partecipa all’edizione successiva nel 2002 a Kecskemet in Ungheria, conquistando il bronzo con Diego Di Luisa nei 63,5. In quella successiva nel 2003 a Bucarest in Romania, si arriva a 13 categorie. Avanti fino al 2007 per altre quattro edizioni, poi l’AIBA varia sia le denominazioni che l’età. I cadetti diventano jr. (15-16 anni) e gli jr. si trasformano in youth (17-18 anni). La nuova formula diventa esecutiva a Yerevan (Armenia) dal 2009, presenti 42 nazioni e 255 pugili. Italia assente e solito bottino per la Russia (5 ori e 4 bronzi), seguita da Cuba (2 ori, 1 argento e 2 bronzi). Nel 2011 il siciliano Salvatore Cavallaro conquista il bronzo nei 70 kg. Che avrebbe meritato nel 2013 anche Giovanni Sarchioto sempre nei 70 kg., vincitore del cubano Lopez e del ceco Brause, fermato da un verdetto ingiusto (2-1) contro il russo Kharchenko nei quarti. A riprendere il discorso col podio ai mondiali jr. appena terminati a San Pietroburgo (Russia), ci ha pensato l’altro siciliano, nei 50 kg., Alessio Cangelosi (nella foto) confermando il terzo posto degli europei in Ucraina (Lvov) dello scorso maggio, battuto in semifinale dal kazako Nyssan, un fortissimo mancino che in finale ha sconfitto il favorito Diaz (Usa) dopo una lotta equilibrata. Un bronzo prezioso per l’Italia in una rassegna tremenda sia per la qualità dei partecipanti che per la fatica di dover disputare troppi incontri per arrivare a medaglia. Il crescendo continuo delle iscrizioni pone un problema all’AIBA come è stato per i mondiali assoluti, che per la prima volta sono a numero chiuso. A S. Pietroburgo sono arrivate 404 iscrizioni di 52 nazioni. Scese a 386, che resta un numero esagerato. Nei 52 kg. con 37 atleti, qualora fosse arrivato in finale un pugile partito dalle eliminatorie, avrebbe dovuto disputare sei incontri in otto giorni. Una follia per ragazzi di 15-16 anni, anche se molti, in particolare le nazioni dell’ex Urss e quelle asiatiche, presentano pugili decisamente sviluppati sul piano atletico muscolare ben più dell’età anagrafica. Situazione sfavorevole in particolare per gli europei, anche se l’handicap è meno sentito dagli anglosassoni e dagli irlandesi abituati a iniziare molto presto l’attività. Il livello tecnico visto a S. Pietroburgo è risultato molto alto e alcuni dei protagonisti hanno raggiunto il livello degli youth e anche dei senior. Nei +81, la vera finale si è svolta tra il russo Fominykh, longilineo rapido di braccia e mobile sul tronco, contro il mancino azero Abdullayev, dal sinistro maligno, preferito dalle giurie. In finale il tedesco Malsan, ancora in fase di sviluppo atletico, anche se bene impostato ha fatto la parte del comprimario. La Russia è approdata sul podio con 8 dei 13 atleti presenti. Godendo di alcuni verdetti casalinghi. In particolare i successi di Tcambov sull’uzbeko Rusmetov nei 66 kg. e quello di Markhmudov sull’altro uzbeko Kosimov, complici i compagni di merende del gruppo giudici che girano il mondo, con la manina sensibile per il paese ospitante. Parliamo dell’algerina Yakoud Kheira, del canadese Fiacco, del lettone Zaitesev, del greco Bougioukas e del francese Madfoua per citare i primi che mi vengono in mente, pronti a eseguire il compitino più utile. La Russia, padrona di casa ha messo in carniere 5 ori, presentando atleti molto preparati. In particolare Puskinov (52) completo tecnicamente, mentre Aliev (63) ha pugno pesante ma scarso repertorio e combatte a testa bassa, Popov (48) ha buona varietà di colpi e velocità, anche se l’irlandese Coughlan gli ha tenuto testa fino alla fine. Tcambov (66) combatte di forza, come Oganesian (70), con la differenza che il primo di fronte al mancino uzbeko Ruzmetov era sempre anticipato, mentre l’altro, col turco Malkan, dopo un primo round equilibrato, lla forza fisica, ha fatto la differenza e per il turco il sogno è finito. Complimenti alla squadra USA, che ha presentato ottimi elementi in prospettiva. Non solo col vincitore nei 54 kg. Marc Castro che ha battuto lungo il torneo l’uzbeko Jafarov, il russo Riasnyi e l’azero Hasanov, imponendosi sul cubano Rodriguez per l’oro, ma pure nei 46 kg. Jesse Rodriguez non aveva perduto dal torello romeno Girleanu, che spingendo, spingendo ha convinto i giudici a preferirlo ad un rivale che ha fatto vera boxe. Idem per Diaz (50) non certo inferiore a Nyssan (Kakazistan) preferito 2-1 in finale. Nei 57 kg. Flores combatte in modo spettacolare e sicuramente pensa al professionismo, il longilineo Lawson (63) è ancora in formazione fisica. Come Vigil (66), Spencer (70) e Anderson (80), mentre Torres (+81) ha pugno pesante anche se paga la scarsa altezza. Gli uzbeki, presenti al completo, non sono una novità e hanno portato ben sette atleti sul podio e due all’oro, con qualche rimpianto nei 66 kg. e in particolare nei 75, dove Kosimov meritava l’oro sul russo Makhmudov. Nei 63 kg. Merjanov va considerato il migliore della rassegna, boxa con una scelta di tempo eccezionale, alto e bene impostato, ha personalità notevole. Più o meno lo stesso cliché di Mirzarakhimov, oro dei 57 kg. Deludente Cuba, ormai una costante, un solo oro con Pero (80), fotocopia di La Cruz, boxe ormai decantata, marcia indietro, colpetti da farfallina e mai in battaglia. A questi livelli può andare, ma a quando arriveranno rivali capaci di tagliargli la strada e colpirlo duro, sarà difficile vincere. Per il resto del team, nessuno ha destato interesse. L’Inghilterra con 8 presenti ha portato solo Frankham, - vincitore di Pirrera agli europei - in semifinale, battuto col dubbio dal turco Kalkisim. Non troppo fortunata l’Irlanda, 3 in semifinale, 2 in finale, solo argenti. Battuti in finale, Coughlan da Popov (48) e Donovan (60) dal turco Erdemir – vincitore di Lorusso a Lvov - sul filo della preferenza. Il Kazakistan, approdato con 5 pugili in semifinale ha raccolto 3 bronzi, un argento e l’oro con Nyssan (50), bocciati gli altri. L’Azerbajan partita con 12 elementi, ha vinto l’oro nei +81, col bravo mancino Abdullayev, fratello minore del titolare alle WSB, vincitore dei nostri Russo e Turchi, anche lui dal sinistro pesante. Ucraina non male, anche se si ferma a due bronzi, sfortunata l’Ungheria, in 13 al via e un solo bronzo alla fine, in ascesa Polonia e India, supportata dall’AIBA. Kyrgyzstan e Tajikistan restano squadre sempre pericolose, Giappone e Thailandia non crescono come in passato. L’Italia, guidata Ottavio Ranno, guida tecnica Giulio Coletta e Gianfranco Rosi, medico dottor Giuseppe Macchiarola, fisioterapista Marcello Giulietti, si è presentata con Pasquale Di Sivo (48), Alessio Cangelosi (50); Matteo Pirrera (52); Giuseppe Ferlick (54); Armando Casamonica (57), Michele Lo Russo (60), Salvatore Scala (80) e Andrea Pugliara (+81), salvo Casamonica e Pugliara, gli altri avevano preso parte agli europei di Lvov (Ucraina) dello scorso maggio. Purtroppo si è visto l’handicap atletico nei confronti di atleti tecnicamente inferiori ma più esperti e forti. Onore a Cangelosi che come agli europei ha salvato l’onore azzurro. Certo, il gap è molto ampio, ma sul medio termine gli italiani recuperano e questo è molto positivo.
 
Giuliano Orlando

 

 

 

 

 

 

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