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ANTONIO ZONFRILLO: VITA DA MAESTRO

09/08/2016 - 15:42:29

 

 

A costo degli affetti familiari

di Alfredo Bruno

Antonio Zonfrillo, 63 anni, capelli corti sale e pepe porta con disinvoltura la sua età, dotato ancora di un buono scatto e la capacità di capire i ragazzi a cui insegna. Lui è tesserato con la Boxe Roma Casalbruciato e fa parte di una schiera che aumenta anno dopo anno, esame dopo esame. Facile capire chi è il pugile, più complicato invece capire chi è il maestro, un ruolo versatile e multifunzionale. Logicamente come molti altri ha cominciato dalla pratica, dal combattimento vero e proprio sul ring, senz’altro la scuola migliore: "Nel 1970-71 ero un buon peso mosca che si allenava all’Indomita, ma non sono stato fortunato per via della vista, mi mancava qualche decimo. Peccato perché dovevo fare la preolimpica con la Nazionale e giocarmi la possibilità di andare a Monaco nel 1972. Ma non c’è stato niente da fare, allora erano più severi e non c’erano le possibilità di oggi a cominciare dalle lenti a contatto. Comunque sono rimasto nell’ambiente del pugilato e continuavo ad allenarmi in palestra. Poi nel ’89 è arrivata una chiamata. All’Indomita c’era come insegnante Evergisto Stocco, figura molto nota, che mi chiese perché non facevo l’insegnante. E da quel momento è iniziata la mia avventura. All’Indomita prima c’era Carlo Massoli, poi è subentrato Carmelo Farris, e lì è iniziato il mio nuovo corso come insegnante. In poco tempo abbiamo formato un bel gruppo".

Sei rimasto molto tempo nell’Indomita?
"Dopo le vicissitudini della Società ho aperto una mia palestra. Poi ho chiuso e sono venuto alla Casalbruciato dove ho iniziato con Cesare Rossi. Un buon periodo dove abbiamo svolto anche parecchi impegni nel sociale. Avevamo un Protocollo con il Ministero di Grazia e Giustizia. I ragazzi che uscivano dal Riformatorio venivano ad allenarsi in palestra e qualcuno lo abbiamo salvato dalla strada. Un buon periodo in cui ho avuto la possibilità di far disputare titoli italiani professionisti a Davide Ciarlante, Marco Dell’Uomo, Emanuele Blandamura (con il quale sono stato all’angolo una ventina di volte tra i dilettanti e i professionisti)".


Come deve essere, dal tuo punto di vita, la funzione del maestro?
"Il maestro dovrebbe essere una guida sia per quanto riguarda l’aspetto tecnico, ma anche per l’attitudine nella vita. Bisogna inculcare una mentalità giusta sia in palestra che fuori nella vita; una mentalità coerente, perchè in palestra si lavora, sono i sacrifici la compensazione anche nel resto della giornata. L’atleta che in palestra fa sacrifici e fuori fa il traviato non metterà mai a punto gli insegnamenti della palestra. L’insegnante deve guidare l’allievo a 360°".


In questo tuo modo di pensare hai avuto più successi o insuccessi?
"Devo dire che il bilancio può essere definito positivo, perché i ragazzi, che si sono impegnati in palestra, hanno riconosciuto anche il mio impegno, quello che ho fatto per loro, quindi sono stato molto gratificato. Quando in palestra c’è un elemento negativo non trova terreno fertile, perché prima o poi esce il buco nero, poi a un certo punto non riesce più a sopportare, anzi a sottostare alle regole".


Che ruolo ha avuto il pugilato nella tua vita privata?
"Qui purtroppo c’è stato il negativo perché ho dedicato gran parte del tempo alla boxe, allontanandomi dagli impegni familiari e questo mi ha portato alla separazione. Il pugilato è uno sport a cui devi dare anima e corpo, per questo incide nella vita privata. Io per 15 anni ho avuto anche impegni a livello di Comitato e Federazione che hanno contribuito ancora di più a sacrificare l’area riservata e privata della mia vita. Ho tirato e resistito fino a che ho portato alla sistemazione le mie figlie, poi purtroppo è stato inevitabile la separazione. Però ho cercato per quanto riguarda il pugilato di dare il massimo ai ragazzi".

Alfredo Bruno