Emiliano Tagliavini: pugni e pennelli
Guida culturale del progetto Big City Life
Il pugile della Team Boxe Roma XI, campione d’Italia senior
di Claudio D’Aguanno
Foto di Renata Romagnoli
Roma, 17 novembre 2016 -- Il quartiere di Tor Marancia, sin dai tempi della baraccopoli chiamata Shangai, ha fama di posto duro, difficile, incline alle risse, ostile alle regole e al buon vivere. Per questo la storia di Emiliano, classe 94, peso welter cresciuto alla Team Boxe Roma della Montagnola e animatore culturale della vita del quartiere, è una storia da raccontare e prendere a esempio.
Incerta l’origine del nome che sin dagli anni '30 battezza questo angolo di Roma Sud. Per qualcuno c’è di mezzo la memoria di Amaranthus, liberto della famiglia dei Numisii, divenuto proprietario dell’intera area stretta tra l’Ardeatina, le Sette Chiese e l’attuale Colombo. Per altri è una questione di "marane", quei fossi melmosi sparsi tra l’Almone e Grottaperfetta, tanto attraenti nella calura d’estate quanto insidiosi nelle inondazioni d’autunno. L’Acquataccia, la Marana dell’acquataccia, la maranaccia, Marancia: questo il percorso semantico che attraverso mille corruzioni linguistiche sarebbe arrivato sino a noi. Infine non manca chi, più disincantato, opta per una soluzione più casareccia e fa derivare tutto da uno scambio di battute di strada: "com’è che vivo?... m’arangio... io m'arangio!"
Storie nobili o racconti plebei a parte, di sicuro da queste parti è sempre stata la cronaca, quasi sempre nera, a farla da padrona. E nonostante i cambiamenti e le trasformazioni è sempre stato difficile, qui, uscire dal clichè di borgata degli esclusi, Shangai di periferia dove ogni cosa è lotta e fatica, dove gli affanni rimangono e le soddisfazioni svaniscono in fretta.
Emiliano Tagliavini, ventidue anni appena compiuti, racconta invece una vicenda diversa. La Tor Marancia sportiva mai prima di lui era salita così in alto. E un mese così, fitto fitto di risultati come l’ottobre appena trascorso, qui non lo ricordava proprio nessuno. “Beh nove match vincenti in meno di tre settimane mica è poco. –attacca subito al gong Emiliano– E poi l’emozione unica del torneo senior a Montoro!” Nella sua scalata al titolo nazionale il ragazzo, venuto su a jab e ganci sotto la guida di maestri come Italo Mattioli e Luigi Ascani, ha messo in riga una buona fetta del pugilato dilettante al limite dei 69 chili. Prima, nella fase regionale, è toccato a Manuel Carnicella dell’Audace e poi, a seguire, Daniel Marrocco della palestra di Carmine Coletta e quindi a Alessandro Mosetti validissimo esponente della Quadraro Boxe. In semifinale altro match di qualità contro il ciociaro Matteo Filone per chiudere poi, miglior match del torneo, con la finale vinta contro Sauro Baccei della Filippella di Setteville. In terra campana poi, dalle parti di Avellino, altra serie di round vincenti con sfide di livello nazionale. "La finale –riprende fiato– contro Giacobbe della Mameli di Genova m’ha dato soddisfazione ma, se devo essere sincero, il match più duro è stato quello contro Zondini che si presentava con due kot consecutivi inflitti agli avversari. Al primo colpo preso non ci credevo che potesse fare cosi male. Ma non mi sono intimorito e senza fare mai un passo indietro ho vinto per ko alla 2 ripresa!" Progetti per il futuro? Beh –fa con l’assenso affettuoso dell’evergreen Franco Venditti– ora spero proprio di combattere presto da elite e spero anche nella convocazione al torneo guanto d'oro! E poi vorrei che questo mio lotto, in via Annio Felice dove vivo, così pieno d’arte sia sempre più valorizzato e visitato."
Il lotto dei murales
Il lotto di cui parla Emiliano è quello della street art, dei murales che hanno ridisegnato le facciate dei palazzoni, delle storie a colori che hanno ridato vita a questo pezzo di città. Chi vuole può venire a conoscerlo al numero 63 di Viale Tor Marancia proprio lì dove, storiacce di mezzo secolo fa, fu ucciso Sergio Maccarelli: uno cresciuto a cazzotti, più per strada che in palestra, e finito ko sotto una chicago di colpi ma ancora oggi qui ricordato con affetto anche se lui campione, o esempio di buona vita, non lo è mai stato. Per Emiliano l’orizzonte di vita ora è del tutto diverso. "Questo posto –precisa- come tanti altri di Tor Marancia, era un posto anonimo e dimenticato. Di cui non si parlava a meno che non accadessero fatti da cronaca nera. Comunque era il nostro mondo, a noi piaceva starci dentro e ci interessava poco di quello che succedeva fuori. Solo che quando dovevo far capire, per esempio a qualche ragazza che mi piaceva, dove abitavo mi veniva spontaneo dire vicino Garbatella, verso l’Eur, o sull’Ardeatina. Adesso posso dire che ho casa a Tor Marancia in un museo all’aperto, nel lotto dei murales, proprio lì dove ha preso vita il Progetto Big City Life che ormai lo conoscono in tutta Roma e pure fuori dall’Italia." Ma come è nata questa storia? "Mah.. Un giorno sono arrivati due col computer in mano. Mai visti prima.. tanto che addirittura pensavamo fossero poliziotti. Poi si sono avvicinati e ci hanno subito fatto vedere i loro lavori tra l’Ostiense e Testaccio. Per spiegarci meglio poi, con photoshop, hanno messo una foto sul palazzo dove abita un mio amico per rendere l’idea del loro lavoro! In verità il primo disegno proposto, quello dei due lottatori firmati da JAZ, non è che piacesse molto ma piano piano s’è cominciato ad apprezzare. E s’è pure formato un gruppo di ragazzi per vivere in diretta questa avventura. Li abbiamo accerchiati tipo bambini davanti i cartoni animati e non ci siamo più staccati da loro!" Ventidue le opere realizzate sulle facciate e tutte capaci di raccontare una storia dove l’arte incontra la migliore sensibilità popolare. "Quando parlo –insiste Emiliano con ritmo da welter– di un gruppo del lotto che s’è occupato di diffondere questa cultura della Street Art in Tor Marancia mi riferisco, oltre a me, a Sonny Argano, Jacopo Sette e Sandro Bernardi. Di fatto siamo stati noi a rimboccarsi le maniche per sostenere il Progetto in tutte le scale! Siamo partiti in quarta a citofonare a tutte le signore, a prendere di petto i problemi che potevano nascere con un murale, a fare in modo che tutti condividessero questa esperienza. Era metà gennaio del 2015 quando sono entrati per primi Diamond poi Baudeloque e Mr Klevra! Uno choc la mano nera disegnata da Baudeloque che poi è la mano della signora Elisabetta che abita in quella scala al secondo piano però l’importante è come tutto il posto sia dopo un po’ diventato una grande famiglia con signore che passavano piatti di pasta dalla finestra, artisti che scavalcavano per prendere il caffe, fino ad arrivare ai mitici pranzi a casa del Barone, un tormarancino doc che parla solo il romano ma capace di gestire a tavola più artisti contemporaneamente con un americano, un australiano e un francese, tutti insieme a chiacchierare con noi davanti un piatto di spaghetti."
Una occasione di rinascita.
Nella narrazione del neocampione non c’è il tempo della conclusione. Le sue parole infatti sono tutte su un lavoro ancora in progress e tutto da sviluppare. "Devo dire che questa cosa per me ha un po’ cambiato non solo la faccia del quartiere ma anche il modo di starci. Pensa che sto progetto Big City Life, di cui sono un referente locale, è pure finito alla biennale di Venezia! Intanto ne ho fatto un motivo per eventi, visite guidate, racconti che hanno a che fare con la Storia di quella che era Shangai. Ho legato con diversi artisti anche stranieri e in particolare con Andrew Pisacane che è uno dei più grandi street artist al mondo che mi ha pure invitato a Baltimora da lui. Insomma non voglio dire che un muro disegnato sia la soluzione di tutti i problemi e sono pure convinto che le case non sono fatte solo di facciate. Ma tutto questo lo vedo come un match andato bene".
Fonte: Alfredo Bruno
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