Gli erori del ring sul grande schermo
di Alfredo Bruno
Francesco Gallo è un giovane scrittore, che si occupa soprattutto di cinema e di sport. Non nasconde la sua preferenza per la boxe e ce la trasmette attraverso questo interessante libro "Il cinema racconta la boxe", gli eroi del ring sul grande schermo, Ultra Edizioni. Un titolo accattivante proprio come una macchina da presa, al lettore dopo averlo letto può anche venire un dubbio, se il soggetto principale sia la noble art oppure il cinema. Non facile perché le due facce s’intersecano formando un mosaico che ci fa rivivere uno degli sport più antichi, dove il cinema riprende con la macchina da presa personaggi, a volte anche inventati, che fanno parte della storia in bianco e nero o a colori che sia. L’autore sceglie 10 film, o meglio si concentra su 10 film.
Parte da Toro Scatenato di Martin Scorsese, interpretato magistralmente da Robert De Niro. La storia di Jack La Motta grazie al film è stata vivisezionata da lettori e spettatori. Parliamo di uno dei più forti pesi medi di ogni epoca. L’attore si era letto la biografia durante le pause del Padrino numero due e ne rimase colpito. Quello che per noi sembra una storia letta e trasmessa nel cinema diventa invece nella realtà una corsa ad ostacoli fino a quando si trova la realizzazione grazie ad una sceneggiatura rivista da Paul Schrader. Il libro acquista sempre più interesse proprio come un giallo. Serve all’autore per parlare anche della realtà sportiva da cui era nato: gli anni ’50 dove s’incrociano le sfide tra La Motta e Ray Robinson, per molti il più grande di tutti, dove si parla anche di Tiberio Mitri e Marcel Cerdan, dove si parla anche di malavita organizzata. Gallo è ben documentato e per chi in qualche modo ha vissuto e conosciuto quell’epoca non è solo una rinfrescata della memoria, ma è il compendio di qualcosa che forse mancava o era sfuggita. "Quando eravamo re" era nato come documentario per seguire un festival di musica africana che si sarebbe dovuto svolgere in concomitanza con la sfida tra Mouhammed Alì e George Foreman, definito il match del secolo a Kinshasa. Ma dove si andava si parlava solo di Alì e Foreman, fu questo a far cambiare idea al regista Leon Gast. Il suo documentario divenne uno dei più bei film sulla boxe. Facile far rivivere l’epoca di Alì, Frazier, Foreman, Liston, Holmes, forse irripetibile.
Se Mouhammed Alì divenne l’epicentro del documentario, casualmente diverrà lo spunto per un giovane attore, che rimase affascinato dal coraggio di Chuck Wepner, uno sconosciuto che per poco causò una delle più grandi sorprese mettendo sull’orlo del ko il grande campione. Da lì nacque la serie di Rocky che inizialmente avrebbe dovuto essere interpretata da un attore di grido come Ryan O’Neil o Burt Reynolds, tanto per fare alcuni nomi. Il soggetto era stato scritto da Sylvester Stallone, che tenne duro fino ad ottenere il ruolo che lo renderà famoso e ricco.
Rocky uscito nel 1976 in pratica con i suoi sei film ci ha accompagnato fin qui...e forse ci accompagnerà anche in futuro.
Cinderella Man interpretato da Russel Crowe ripercorre la storia di James Braddock, figlio di emigranti irlandesi, che diventerà campione dei massimi. Una vicenda umana e sportiva che fece scalpore nella famosa crisi economica che mise l’America in ginocchio nel 1929. La boxe sarà per l’ennesima volta la molla di un riscatto, non solo di un uomo ma forse di una nazione, la parabola di una caduta e di una rinascita. Si parla di Braddock, ma anche di Joe Louis, Max Baer, che fu l’iniziatore della "guerra psicologica", tanto cara ad Alì.
"Il Colosso di argilla" per certi versi trae spunto dalla storia del nostro Primo Carnera. Toro Moreno è un gigante in mano a un gruppo di gangster che ne dirige l’attività preparandogli il cammino. Il film sarà interpretato da Humphrey Bogart, nel ruolo di un giornalista, e sarà l’ultimo del grande attore colpito da un mare incurabile. Logicamente lo spunto è buono per parlare del nostro Carnera e del sentimento nazionale, che aveva già fatto capolino in molte sfide. Segno inconfondibile di come la boxe, così avvenne anche per altri sport, diventasse il simbolo di una situazione politica e storica.
“Hurricane” interpretato da Denzel Washington è la storia di Rubin Carter, il peso medio ingiustamente condannato, che Bob Dylan immortalò in una ballata. Il film era tratto da un’autobiografia intitolata "Il 16° round". Gallo prosegue nella sua carrellata con “Lassù qualcuno mi ama” che consacrò come attore Paul Newman, dopo il fiasco iniziale con “ Il calice d’argento”. In verità per la parte si era pensato a James Dean, poi morto tragicamente in un incidente stradale. Il personaggio è quello di Rocky Graziano e racconta i suoi incontri selvaggi con Tony Zale. Uno dei trittici più famosi sul ring insieme a quello che vide di fronte Alì e Frazier.
Con volo "quasi pindarico" l’autore passa al recentissimo “Mani di pietra”, la storia di Roberto Duran, il più grande pugile sudamericano. Ancora una volta Robert De Niro è interprete, stavolta nel ruolo di Ray Arcel, il manager di Duran. E’ il terzo film sulla boxe interpretato dall’attore dopo “Toro scatenato” e “Il grande match”.
Anche l’Italia ha il suo bel film sul pugilato. Non che da noi cinematograficamente fosse trascurato, ma non era considerato materia prima nonostante il capolavoro di “Rocco e i suoi fratelli”. Quando sentiamo "Tatanka" pensiamo subito a Clemente Russo, che in pratica ha interpretato se stesso nel film di Giuseppe Gagliardi, tratto da un racconto di Roberto Saviano che si svolge logicamente nell’entroterra di Marcianise.
Non possono mancare le donne e la lacuna viene ampiamente ripagata con "Million dollar baby" che faceva seguito all’ottimo Girlfight. Regista e produttore fu Clint Eastwood con la magistrale interpretazione di Hilary Swank. A differenza di altri film il soggetto non prende spunto dalla vita di campioni, ma da un racconto di F. X. Toole, che definisce questo sport come qualcosa di innaturale, perché si fa sempre tutto al contrario. Il film uscì nel 2005, conquistando vari Oscar, come in precedenza era avvenuto per Rocky.
I film sono 10, ma nell’arco delle pagine fanno capolino altri capolavori di un binomio apparentemente inscindibile con personaggi storici, ma anche con personaggi inventati divenuti ormai leggenda. L’autore approfitta per rivedere le figure di grandi campioni nelle loro epoche, che per certi versi risaltano insieme ai registi e agli attori che li hanno interpretati. Un manuale utile agli appassionati per rivivere capolavori cinematografici, dove finzione e realtà si mescolano formando un romanzo unico.
Alfredo Bruno
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