A Roma Olimpica, con tre medaglie d’oro e tre d’argento
Precedute da una di bronzo
di Primiano Michele Schiavone
Il 5 settembre di sessant’anni fa l’inno italiano risuonava tre volte all’interno dell’Olimpico della capitale.
Le note del canto nazionale riempivano quella sera per la prima volta il cuore degli italiani in occasione della consegna della medaglia d’oro al peso piuma Francesco Musso, reduce dalla vittoria sul polacco Jerzy Adamski, con verdetto 4:1. Il piemontese di Acqui Terme, Alessandria, aveva raggiunto la prova finale dopo aver messo in fila lo jugoslavo Miloslav Paunovic (4:1), il sudcoreano Soon Chun-Song (5:0), il sovietico Boris Nikanorov (3:2), il più ostico del torneo, e il finlandese Jorma Limmonen (5:0).
L’inno tricolore tornava a toccare le corde del cuore degli italiani mentre le sue note accompagnavano l’atto di mettere al colle di Nino (Giovanni) Benvenuti la medaglia d’oro guadagnata dopo la finale dei pesi welter combattuta con il sovietico Yuriy Radoniak (4:1). Il triestino d’Istria veniva dai trionfi contro il francese Jean Josselin (5:0), il sudcoreano Ki-Soo Kim (5:0), il bulgaro Shishman Mitsev (5:0) e il britannico Jim Lloyd (5:0).
L’inno di Mameli chiudeva quella storica serata per celebrare la medaglia d’oro dei pesi massimi conquistata da Franco De Piccoli nella finale sostenuta contro il sudafricano Daniel Bekker, messo sulla stuoia per il conto totale nella seconda ripresa. Il veneziano arrivava all’ultimo scoglio dopo aver eliminato il belga Willy Venneman (abb. 1), il sovietico Andrey Abramov (5:0) e il cecoslovacco Josef Nemec (4:1).
Quelle finali olimpiche avevano impegnato altri tre italiani che finivano sconfitti, meritevoli delle medaglie d’argento nelle rispettive divisioni di peso.
Nei pesi gallo Primo Zamparini veniva dichiarato battuto dal sovietico Oleg Grigoryev con il verdetto di 3:2. Il ligure di origine marchigiana in precedenza si era sbarazzato del greco Panagiotis Kostarellos (5:0), del giapponese Katsuo Haga (5:0), dello statunitense Jerry Armstrong (4:1) e dell’australiano Oliver Taylor (5:0).
Tra i pesi leggeri il milanese Sandro (Alessandro) Lopopolo aveva ceduto il passo al polacco Kazimierz Pazdzior (4:1), dopo aver superato l’indonesiano Johnny Bolang (5:0), il sudafricano Johannes Steyn (5:0), lo statunitense Harry Campbell (4:1) e l’argentino Abel Ricardo Laudonio (3:2).
L’altro milanese Carmelo Bossi, al limite dei pesi welter veniva fermato dall’americano Wilbert McClure con il risultato di 4:1. Prima aveva battuto Brian Van Niekerk della Rhodesia (5:0), l’uruguayano Pedro Votta (4:1), il francese Souleymane Diallo (5:0) e il britannico Willie Fisher (3:2).
Quella stessa sera sul podio allestito per i mediomassimi saliva anche il civitavecchiese Giulio Saraudi, presentatosi per ritirare la sua medaglia di bronzo, assegnatagli dopo la semifinale perduta due giorni prima contro il polacco Zbigniew Pietrzykowski (4:1). L’italiano aveva sconfitto nell’ordine Muhammad Safdar del Pakistan (5:0) e l’argentino Luis Rafael Gargiulo (3:2).
La squadra italiana, guidata da autentici maestri di boxe, Natale Rea e Armando Poggi, si componeva complessivamente di 10 atleti, rappresentanti tutte le categorie di peso allora contemplate. Tre di essi, i meno fortunati, non raggiungevano la zona medaglie. Si trattava del peso mosca Paolo Curcetti, del superleggero Piero Brandi e del medio Luigi Napoleoni.
Il foggiano veniva fermato al terzo turno dall’egiziano Abdelmoneim El-Guindi (4:1) dopo i successi nei confronti dell’ugandese Francis Kisekka (5:0) e del belga Joseph Horny (5:0).
L’aretino non andava oltre i quarti di finale di fronte al cecoslovacco Bohumil Nemecek (4:1), con il quale si trovava sul ring a seguito delle vittorie sul giapponese Katsuji Watanabe (5:0) e l’argentino Luis Aranda (4:1).
Stessa sorte toccava al romano che veniva stroncato nella seconda ripresa dal sovietico Yevgeny Feofanov, affrontato posteriormente al buon esito sul marocchino Mustapha Ben Lahbib (5:0) e sull’egiziano Moussa El-Gueldy (5:0).
Primiano Michele Schiavone
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