Ricordiamo Leone Efrati, semifinalista mondiale NBA
Nella Giornata Internazionale di Commemorazione in Memoria delle Vittime dell'Olocausto
di Primiano Michele Schiavone
Il 27 gennaio di ogni anno si rende omaggio alla memoria delle vittime dell'Olocausto e si riafferma il fermo impegno da parte delle istituzioni politiche nazionali ed internazionali a contrastare l'antisemitismo, il razzismo e altre forme di intolleranza che possono portare a violenze mirate. La data segna l'anniversario della liberazione del campo di concentramento e sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau da parte delle truppe sovietiche il 27 gennaio 1945. È stata ufficialmente proclamata, nel novembre 2005, Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime dell'Olocausto da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
L'Olocausto colpì profondamente i paesi in cui furono perpetrati i crimini nazisti, con implicazioni e conseguenze universali in molte altre parti del mondo. Gli Stati membri condividono una responsabilità collettiva per affrontare il trauma residuo, mantenere efficaci politiche di memoria, prendersi cura dei siti storici e promuovere l'istruzione, la documentazione e la ricerca, più di otto decenni dopo il genocidio. Questa responsabilità comporta l'educazione sulle cause, le conseguenze e le dinamiche di tali crimini in modo da rafforzare la resilienza dei giovani contro le ideologie dell'odio. Poiché i crimini di genocidio e atrocità continuano a verificarsi in diverse regioni e poiché stiamo assistendo a un aumento globale dell'antisemitismo e dell'incitamento all'odio, questo non è mai stato così rilevante.
Mantenere viva la memoria dell'Olocausto è l'adempimento di un dovere universale, un dovere verso l'umanità, che è la ragion d'essere degli Istituti politici internazionali: sradicare l'odio, costruire la pace e, quindi, proteggere l'umanità. In questa Giornata Internazionale, impegniamoci a ricordare sempre. Lo dobbiamo alle vittime della Shoah, lo dobbiamo ai sopravvissuti, lo dobbiamo, infine, a tutte le generazioni che verranno.
In questa giornata di lutto commemoriamo la figura del pugile romano [Leone Efrati[, ebreo, al quale toccò la sorte di finire in un campo di sterminio, dove trovò la morte.
Nato nella Capitale il 26 maggio 1915, si formò alla scuola romana di pugilato e a vent’anni di età entrò nel mondo del professionismo italiano. Alla fine del terzo anno di tesseramento, dopo aver affrontato i migliori connazionali del tempo, rimase affascinato dall’esperienza di esibirsi all’estero. Dopo Parigi e Ginevra pensò di raggiungere gli Stati Uniti d’America, stabilendosi a Chicago, nell’Illinois. Dopo solo otto combattimenti, senza subire sconfitte, arrivò a disputare la semifinale mondiale NBA dei pesi piuma con Leo Rodak di Chicago, campione del mondo per lo Stato del Maryland. Il romano, noto con il nomignolo «Lelletto», arrivò ad un passo dalla vittoria dopo 10 riprese. Rimase oltre oceano ancora un anno per poi fare ritorno in Patria, richiamato dagli orrori delle leggi razziali che il regime fascista aveva imposto agli ebrei italiani. In quel momento la passione per la boxe fu travolta dal desiderio inguaribile di stare vicino alla famiglia in quell’orribile momento. Arrestato come tanti altri ebrei Efrati fu internato insieme al fratello nel campo di sterminio di Auschwitz, in territorio polacco. Il quel terrifico luogo fu costretto a combattere fino al sacrificio estremo avvenuto il 16 aprile del 1944, a meno di un mese dal 29mo compleanno. Lui che era un peso piuma era costretto a combattere, per il divertimento dei nazisti, contro avversari di peso maggiore. Era stato professionista dal settembre del 1935 al novembre del 1939 ed aveva compilato il record di 50 incontri, con 28 trionfi, 10 insuccessi e 12 risultati di parità, senza subire sconfitte prima del limite.
Primiano Michele Schiavone
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