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INTERVISTA A MANUEL CAPPAI

23/04/2012 - 16.32.46

 

CAPPAI, UNDICESIMO SARDO AI GIOCHI OLIMPICI

di  Giuseppe Giallara
 
CAGLIARI, aprile 2012. Dopo Vito Melis (1932), Gavino Matta (1936), Gianni Zuddas (1948), Salvatore Burruni (1956), Fernando Atzori (1964), Franco Udella (1968 e 1972), Giuseppe Mura (1968), Marco Scano (1968), Gaetano Pirastu (1976) e Andrea Mannai (1988), il pugilato sardo sarà nuovamente rappresentato alle olimpiadi per merito di un minimosca diciannovenne di Quartu Sant'Elena (CA).
 
Manuel Cappai tra Marco Scano e papà Fabrizio
 
A sorpresa, a 24 anni di distanza dalla partecipazione a Seul di Andrea Mannai, Manuel Cappai, nato nell'Accademia pugilistica “F. Loi” (la stessa di Mannai, di Fabrizio Cappai e di Marco Scano che fu anche il loro insegnante) liberandosi della luce riflessa derivatagli dall'essere figlio di Fabrizio Cappai, è riuscito a brillare di luce propria in poco più di tre anni di attività e a guadagnarsi il pass per Londra nel torneo Aiba di qualificazione olimpica a Trabzon in Turchia.
Ovviamente, con grande soddisfazione di papà Fabrizio che sfiorò egli stesso la partecipazione alle olimpiadi del 1988 a Seul e che adesso è l'insegnante del figlio insieme con Marco Scano. “Credo – dice Fabrizio Cappai – di aver costruito un po' un mio sosia nel modo di combattere.
Manuel sa leggere il match con furbizia e sul ring riesce a essere freddo e deciso. Nel pugilato sta mettendo impegno e passione, e questi sono i risultati”.
Il campione italiano dei minimosca cercherà, a Londra, di conquistare una medaglia per l'Italia e per la Sardegna, alla quale in passato Fernando Atzori, Gavino Matta e Gianni Zuddas hanno dato una medaglia d'oro e due d'argento.
A voler essere precisi, le medaglie d'oro sarebbero dovute essere tre poiché Matta a Berlino e Zuddas a Londra vennero scippati dell'oro rispettivamente contro il tedesco Kaiser e l'ungherese Csik. Altri tempi e altre storie.
Sul ring del palazzetto “Hayri Gur Spor Salonu” Cappai, dimostratosi il boxeur più tecnico ed elegante della sua categoria di peso, avrebbe voluto vincere il torneo invece di fermarsi alla medaglia di bronzo, ma il diavolo ci ha messo la coda. “Dopo il match con Maszczy – rivela Manuel – mi è sopraggiunto un dolore al braccio destro che mi ha condizionato nella semifinale con Aleksandrov.
Il destro non mi partiva; vedevo arrivare i colpi, li schivavo ma non riuscivo a rientrare. In pratica, ho combattuto solo con il sinistro. Nonostante ciò, sono convinto di non aver perso contro il pugile bulgaro. Mi sta bene anche così, ma solo perché mi ero già qualificato. Per questo, Aleksandrov lo voglio incontrare di nuovo, e non è detto che ciò non succeda già sul ring di Londra”.
 
Anche il turco Pehlivan, che si è aggiudicato l'oro, è parso alla tua portata.
“Si. E' bravo, ma essendo il pugile di casa, nel corso del torneo è stato un po' aiutato. In finale contro Aleksandrov ha vinto soltanto per 10-9. Avrei affrontato tranquillamente lui e anche l'avversario che ha battuto in semifinale, l'irlandese Barnes, un fighter aggressivo che sembra fatto su misura per la mia boxe. Più difficili erano sicuramente Soghomonian e Maszczy. Soprattutto il polacco, uomo di punta della sua squadra, aveva nettamente il pronostico dalla sua parte. Il suo team è rimasto deluso perché, con i suoi 28 anni e tutta la sua esperienza, si è fatto eliminare da un ragazzino di diciannove anni per lui sbucato fuori dal nulla”.
 
Quali sono i tuoi impegni più immediati?
“Tra breve andrò in Canada per disputare uno o due match. Si è pensato anche di farmi combattere in Ucraina, ma non ci andrò per non correre il rischio di stressarmi. A Londra è meglio che arrivi ben preparato e riposato, perché la posta in palio è alta”.
 
E certamente vorrai dire la tua...
“Proprio così. Sono entrato nel mondo olimpico e ciò significa che adesso dovrò vedermela con i migliori pari peso in circolazione. Questo però non mi spaventa, anzi mi motiva ancora di più; farò tutto ciò che sarà in mio potere per non rientrare a mani vuote e per non deludere il mio team che crede in me”.
 
Che effetto fa essere diventato olimpionico alla tua età?
“Bellissimo. E' una soddisfazione grandissima per me e anche per mio padre che alle olimpiadi di Seul non è stato inviato nonostante lo meritasse. Andrò a Londra con grande gioia e cercherò di farmi onore non solo per me, ma anche per lui e per il pugilato italiano”.
 
E ai tuoi tifosi che messaggio mandi?
“Li ringrazio per avermi seguito e incoraggiato. In tanti mi hanno scritto anche su “Facebook”, comunicandomi la loro fiducia. Penso di non averli delusi e prometto loro che cercherò di non deluderli neppure in seguito”.
 

Il dodicesimo olimpionico (contando anche la partecipazione di Franco Udella a due edizioni dei Giochi) della storia del pugilato sardo è pronto a farsi valere; è un giovane giudizioso, intelligente e maturo. E sa quello che vuole, senza tuttavia nascondersi le difficoltà che lo attendono. Sa che questa che ha saputo conquistarsi è una grande, affascinante occasione che potrebbe trasformarsi in una favola destinata a diventare vera. Speriamo che sul ring della “Excel London Arena” lo assista anche un pizzico di fortuna.

Giuseppe Giallara