Notizie
GIANCARLO GARBELLI RICORDATO DA ALFREDO BRUNO
18/03/2013 - 13.48.02
La scomparsa di Giancarlo GarbelliLa fine di quello che fu un grande campione e personaggioFu l'unico a mettere in difficoltà il leggendario Laszlo Pappdi Alfredo Bruno Lurago d’Erba, 16.03.2013 – [Giancarlo Garbelli] si è spento nella sua residenza a Lurago d’Erba. Scompare, così , all’età di 81 anni quello che fu senz’altro uno dei più grandi campioni che ha fatto la storia del nostro sport. Uno spirito estroverso e indomabile, capace di grandi imprese, protagonista anche di match deludenti, comprensibili in buona parte per una sua particolare sensibilità nei riguardi di avversari in difficoltà, tanto che i suoi sempre più numerosi tifosi lo timbrarono con il soprannome di “scrupoli”. Inquieto e geniale aveva radicata anche una vena artistica che trasmetteva coi suoi quadri, che ebbero un discreto successo. Si affermò pure come pranoterapeuta, una cosa, questa, che diede l’occasione di invitarlo al Maurizio Costanzo Show insieme ad un altro grande campione, Sandro Mazzinghi. Quella sera Garbelli rubò la scena al suo compagno di trasmissione, cosa non facile conoscendo la vena polemica dell’avversario di Nino Benvenuti. Il pubblico del Teatro Parioli rimase affascinato da questo signore con una barba ispida, sale e pepe, per l’età ormai da pensionato. Davanti alla gente apparve un uomo lucido, riflessivo, dotato di buon senso, che elencò i suoi errori nella vita, ma dichiarò il suo amore per uno sport che gli insegnò il coraggio e la forza di non mollare mai. Per la boxe, che all’epoca non viaggiava in buone acque, fu un bello spot. Se poi andiamo a stringere anche la sua esistenza pugilistica fu un controsenso: inizio da peso leggero, campione italiano da peso welter e fine carriera da medio.
Nel mondo del pugilato entrò giovanissimo. Il padre si chiamava Cesare e fu un ottimo pugile. Segno che una particella del DNA l’aveva trasmessa al figlio. 120 incontri da dilettante furono il preludio per il suo esordio nel professionismo che avvenne il 7 dicembre del 1952 a Milano contro Luciano Giusti. Si vide subito che aveva stoffa con un modo di combattere spericolato e spettacolare. Ci vuole un Ernesto Formenti in grande forma per fermare l’ascesa di questo giovane scalpitante. Formenti è un intoppo passeggero perché Garbelli continua a mietere successi su successi dove fa spicco la vittoria su Bruno Visintin, un mostro di tecnica e di bravura. Duilio Loi che allora era campione d’Europa avrebbe fatto volentieri a meno di affrontare questo soggetto imprevedibile, pugilisticamente parlando, e indomabile, ma il pubblico milanese reclamava a gran voce il match fra due suoi beniamini, alla fine si fece e fu organizzato in breve tempo. Garbelli la sera del 2 luglio del 1957 non si presentò sul ring milanese nelle migliori condizioni, aveva faticato non poco per rientrare nei limiti di peso, ma nonostante ciò rese dura la vita al campione per tutte e 15 le riprese; i due dopo il match rimarranno fraternamente amici, così pure con Bruno Visintin, con il quale formarono all’epoca un trittico invidiato da tutto il mondo.
Garbelli tentò la fortuna in America, logicamente da peso welter. Fu una tournèe alterna come risultati con una sconfitta per ferita ad opera di Charley Tomstone Smith, pugile dalla potenza micidiale, con il quale si prenderà la sua bella rivincita a Milano. Nel 1957 conquistò il titolo italiano battendo per squalifica il detentore Umberto Vernaglione. Titolo che tenne per circa un anno, fino a quando fu sconfitto da Bruno Visintin, che così si prese la rivincita. Fu una strana coincidenza, ma anche questa sconfitta, come in precedenza quella con Loi, fu il preludio per il passaggio di categoria. Nei medi Garbelli regalava qualcosa agli avversari, ma questo non gli impedì di compiere alcune imprese eccezionali grazie alla sua tempra e soprattutto grazie al suo coraggio. Pareggiare e poi superare un soggetto come Ted Wright non era cosa da poco.
Il suo capolavoro è datato 26 dicembre 1960 dentro lo scenario del Palazzo dello Sport di Milano. Sul ring contro di lui c’era Laszlo Papp, l’ungherese che aveva vinto tre Olimpiadi di fila. Papp, che all’epoca aveva 34 anni, aveva avuto una deroga speciale per passare professionista, era reduce da una serie positiva di 11 incontri con un solo pareggio ottenuto contro il francese Germinal Ballarin, ma in quell’occasione il gitano aveva combattuto con una mano sola. Era già, dopo pochi incontri, sfidante ufficiale di Gustav Scholz in Europa. Stiamo parlando di uno dei più forti picchiatori della storia della boxe con un inconfondibile stile, lui mancino, con i guantoni all’altezza del viso e ondeggiante sul tronco. Ogni colpo era studiato per abbattere l’avversario.
Garbelli grazie ad un fisico ancora integro e all’abilità con cui accompagnava i colpi dell’avversario era uscito indenne dopo le prime 6 riprese incassando anche mazzate senza aver dato mai l’impressione di accusare. Ma proprio dalla sesta ripresa il milanese decideva di battersela alla pari con il temibile avversario, vincendo tra l’altro la nona ripresa. Alla decima ripresa le sorti del match erano favorevoli all’ungherese. Garbelli si scagliò su Papp come una furia costringendolo alle corde e tempestandolo di colpi. Era il suono del gong a salvare il suo avversario, ma la sua smorfia di sofferenza era tutto un programma. Arbitro era lo svizzero Bobby Seidel, che non se la sentì di assegnare la vittoria,come forse era giusto all’ungherese, ma alzò le braccia dei due atleti decretando il pareggio alla presenza di un pubblico entusiasta. Anche in questa occasione prevalse il “cuore d’oro” di Garbelli che forse avrebbe potuto abbattere con un colpo in più quel monumento e invece gli diede la possibilità di terminare in piedi, aveva voluto rendere onore ad un uomo che aveva dedicato la vita al pugilato.
Quell’incredibile match per certi versi fu il canto del cigno di Giancarlo Garbelli che si ritirerà pochi anni dopo; mentre il suo grande avversario conquisterà il titolo europeo dei medi, lasciato vacante da Scholz, ma non avrà l’opportunità di battersi per il mondiale a quell’epoca detenuto da Gene Fullmer, infatti il “Mormone dell’Utah” si guarderà molto bene dall’affrontare una simile “polveriera”, come era definito all’epoca Laszlo Papp, che tra l’altro era osteggiato anche dalla sua nazione che non vedeva di buon occhio il professionismo.
Garbelli combattè ancora fino al 1963 con buoni risultati e rendendo la vita dura a pugili che andavano per la maggiore. Non rifiutava mai un avversario, semmai poteva succedere il contrario. L’ultimo match lo disputò contro Yolande Leveque, campione francese, e fu una sofferenza tremenda, anche se il milanese restò in piedi e non diede all’avversario la soddisfazione di una vittoria prima del limite. Per la verità Garbelli dieci anni dopo tornerà ancora sul ring. Il match durò appena due round e Garbelli fu rimandato all’angolo per una ferita, parlando in gergo non aveva più il fisico.
La sua vita fuori dal ring fu ugualmente dura. Ma dopo ogni crollo c’era la risalita, che sembrava rinforzare il suo carattere indomabile. Mestieri tanti, traversie tante, difficile scovare la tranquillità in quest’uomo che a più riprese si dimostrò geniale anche fuori del ring. Non versava in condizioni economiche floride, ma per le sue imprese gli venne riconosciuto nel 2008 il vitalizio “Giulio Onesti” che gli ha permesso di vivere con dignità gli ultimi anni.
|