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FRATALIA, UN MEDIO LEGGERO CRESCIUTO IN AMERICA
09/12/2013 - 8.19.02
Da Civitavecchia a Brockton, insieme a Rocky Marcianodi Alessandro Bisozzi È il 9 dicembre 2008, al Tobey Hospital di Wareham, nel Massachusetts, muore Francesco Fratalia.
Nato il 3 luglio del 1926 a Civitavecchia, Fratalia aveva iniziato la carriera in giovanissima età nella palestra di Carlo Saraudi, ex pugile e stimato maestro della nobile arte.
Era un peso welter Francesco, un magnifico medio leggero (come veniva chiamata una volta quella categoria) dal fisico asciutto e slanciato.
Egli apparteneva a quella vasta schiera di pugili europei alla quale la guerra portò via le occasioni migliori della loro gioventù, posticipando di molti anni le loro carriere. Francesco, infatti, diventò professionista quando aveva già ventitré anni.
L'anno prima, uno sfortunato attacco di appendicite gli impedì di partire con il resto della squadra di pugilato per le Olimpiadi di Londra del 1948, un impegno che il civitavecchiese aveva atteso a lungo e per il quale si era preparato con cura.
Il 7 febbraio del 1949, sul ring della "Palestra Pugilistica" di Civitavecchia, Fratalia esordisce al professionismo contro l'esperto atleta romano Silvio Carosi.
Il match si mette subito male per lui, perché alla terza ripresa, quando ancora i due si stavano studiando, un potente diretto sinistro gli arriva alla mandibola spedendolo al tappeto.
Sembra un k.o. in piena regola, ma al nono secondo Francesco trova la forza di reagire, si rialza e contrattacca con una tale energia che alla fine riesce a vincere l'incontro ai punti.
Carlo Saraudi era stato negli Stati Uniti negli anni '20 e sapeva quanto poteva essere importante per un bravo pugile andarsi a misurare con gli elementi della migliore scuola pugilistica del mondo.
In quell'allievo serio e scrupoloso aveva intuito delle eccellenti qualità che bisognava coltivare e raffinare. Non fu difficile convincerlo, anche perché Francesco aveva dei parenti in America.
Si trasferì a Brockton nel Massachusetts, dove conobbe un pugile di origini italiane destinato a diventare uno dei più grandi pesi massimi di tutti i tempi: Rocky Marciano.
Diventarono grandi amici e Rocky lo aiutò a trovare buoni ingaggi ed un nomignolo americano, come era d'uso: "Frank Kid".
In appena un anno "Kid" salì sul ring almeno una decina di volte, affrontando alcuni tra i migliori elementi del professionismo nordamericano. Billy Andy, Jackie Walker e Carter Holmes capitolarono alla svelta davanti alla solida preparazione del pugile civitavecchiese.
Tra un incontro e l'altro Francesco trovò anche il tempo di procurarsi moglie, poi l'anno dopo tornò in Europa, ma non vi rimase a lungo. Giusto il tempo di incontrare "Bobby" Schultz, il futuro campione d'Europa dei pesi medi. Fu un incontro memorabile che Fratalia condusse con maestria e intelligenza. Il verdetto purtroppo lo punì con la sconfitta, una decisione che scatenò un inferno al Waldbuehne di Berlino, e una ridda di polemiche sui giornali tedeschi che con avveduta oggettività affermarono di aver visto la vittoria dell'italiano.
Francesco Fratalia tornò negli Stati Uniti nel 1952, dove si stabilì definitivamente.
Nel 1954 il suo ultimo combattimento, contro Eddie Andrews.
L'anno dopo si ritirò anche il suo grande amico Marciano che con lui si allenava spesso e volentieri.
Il record completo del grande atleta civitavecchiese fa una certa impressione: ottanta combattimenti da dilettante e trentuno da professionista. In totale novanta vittorie in quasi quindici anni di attività sempre ai massimi livelli.
Francesco Fratalia non vinse mai nessun titolo, come moltissimi altri seri gregari del ring, ma la sua lunga carriera è la testimonianza dell'impegno con il quale seppe affrontare e vincere sfide difficili e combattimenti durissimi.
A cinque anni dalla sua scomparsa voglio ricordarlo con le parole di mio padre Franco, classe 1932, che con lui spesso "faceva i guanti" nella "Palestra Pugilistica Giacomini" di Carlo Saraudi: «Allenarsi con Fratalia era come giocare con un gatto nervoso; all'improvviso, quando meno te lo aspettavi, arrivava una zampata che ti lasciava il segno. "Lo faccio per te ragazzo" ti diceva lui "hai commesso un errore e ora ti ricorderai di non rifarlo più."»
Alessandro Bisozzi
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