Riflessioni sul lavoro impegnativo ed i vincoli legati all'attività agonistica
di Alfredo Bruno Roma, 19 novembre 2016 -- E’ passato poco più di un mese dalla sconfitta subita da Emanuele Della Rosa ad opera del francese Zakaria Attou e lo troviamo al lavoro nel suo nuovo Panificio-Bar.
Partiamo dal tuo ultimo match con Zakaria Attou, cosa è cambiato rispetto al primo match con il francese? "Sembrerà strano, ma io il match non me lo sono ancora visto. Ho ricevuto da poco il DVD. Devo essere sincero, ma con il senno di poi non mi sembrava che stessi indietro. Certo ho passato una ripresa bruttissima, la terza, dopo la quale mi sono detto fra me – o reagisci o qui è finita – Ho accusato un brutto colpo, poi andando avanti ero convinto di aver recuperato e di aver terminato in vantaggio. Non dico che avrei vinto, ma che avevo almeno terminato in parità. Nelle ultime due riprese vedendo che l’avversario scappava potevo fare senz’altro di più, non l’ho fatto per paura di rischiare come era successo nel match precedente. Ero convinto che al mio angolo non mi dicevano che stavo in vantaggio per non fare lo sbaglio del match precedente, dove mi ero rilassato e perso quell’ultima ripresa. Voglio rivederlo questo match insieme al maestro Monti a casa mia. In Francia come a Roma ero convinto di essere in vantaggio. Alla resa dei conti probabilmente ho sbagliato. Lui nelle ultime riprese scappava e io dentro di me pensavo – Che fa scappa invece di aggredirmi e quindi pensavo che era meglio non rischiare – Senz’altro un mio errore di valutazione".
Hai trovato delle differenze nel tuo avversario rispetto al match precedente? "Devo essere sincero lo ricordo uguale in entrambe le occasioni. Lo stesso tipo di pugilato. Ero convinto di aver vinto 8, 9, 10, 11mo round, fino alla quarta ripresa dicevano che ero in svantaggio, ma poi ritengo di essere andato bene. Non ho preso colpi particolarmente duri tranne nella terza ripresa dove ho accusato, stretto i denti e reagito".
Quali sono le tue intenzioni future? "Io ancora non sono ritornato in palestra, ma faccio sempre così dopo un incontro, anche perchè ho tanti impegni con il lavoro. Mio fratrello Enrico vuole che io smetta. Il mio maestro, che mi vuole bene, mi domanda: "Perchè andare avanti ? Non abbiamo vinto sia per l'Europeo che per l’Unione Europea. Il titolo italiano lo puoi anche vincere, e non è detto” la domanda rimane sospesa nell’aria perchè lui sa quanto sono impegnato dalla mia attività. Io ho fatto tutta la preparazione con un’oretta di palestra la sera, dopo aver lavorato tutta la giornata a cominciare dal mattino presto. Ho due bambini, ed è un impegno. Mia moglie è consapevole di questo mio momento particolare, mi sta molto vicino e vuole che io continui, perchè capisce l’importanza della boxe per me. Mio fratello dice che sono talmente preso dal lavoro, che ormai non ho proprio il tempo per allenarmi e non ci sto con la testa".
Stavolta la domanda la facciamo noi, consapevoli che a 36 anni dopo 20 anni di boxe è forse il caso di dire basta. "Secondo mia moglie io sono un lottatore non solo sul ring, ma anche sul lavoro e in ogni cosa. Io dico sempre una cosa: al lavoro ho dato 10 della mia vita e il lavoro mi ha ridato 7, non mi ha ridato 10. Al pugilato ho dato 1 e lui mi ha restituito 6. Se si pensa come ho fatto il pugilato, ci sarebbe da vergognarsi. Gli altri danno 8 e ricevono 5. C’è chi dà addirittura 10, che io conosco, e purtroppo hanno ricevuto 6 come me".
Mettiamo che tu decida di ritirarti, rimarresti nel mondo del pugilato magari come tecnico? "Se io combatto vado in palestra e mi alleno. Se non combatto non vado in palestra e non mi alleno viene tutto dimenticato. Sono fatto così. Mi piacerebbe contraddirmi nel futuro. Adesso ho grandi impegni, che pian piano stanno scendendo per fortuna. Diciamo che quando scenderanno quasi del tutto forse potrei pensare al pugilato come non protagonista. Adesso se dovessi pensare di smettere mi verrebbero i brividi".
Praticamente non hai ancora deciso? "Sono molto combattuto. Sono consapevole di avere dei limiti ad alto livello. Non mi sento un gran pugile. Forse se avessi potuto dare di più chissà".
Il tuo limite sta nell’avere dato poco. Forse i maestri che hai avuto non hanno avuto il tempo necessario insieme con te per formare un campione, come sarebbe stato nelle tue possibilità e nel tuo carattere. "Come vada vada, resta il fatto che a me il pugilato ha dato tantissimo a cominciare da mia moglie, i miei bimbi, le amicizie (Lecca, Blandamura, Spada, Di Silvio ecc.), tutti amici nel vero senso della parola. Ma devo ringraziare questo sport perchè mi ha aiutato a formare il mio carattere. Io, non mi vergogno a dirlo, sono entrato in palestra per avere un po’ più di sicurezza in me stesso. Non perchè ero un pauroso nella vita, ma perchè reagivo male. Ero un ragazzo timido, mi vergognavo ad andare in un bar per comprare un litro di latte".
L'avversario che ti ha messo più in difficoltà al di là delle vittorie e delle sconfitte? "Domanda molto difficile. Per il mio pugilato, per come sono io soffro molto quelli che fanno "caciara", non quelli che boxano bene. Per esempio Zbik era un pugile che boxava bene e nonostante non stessi bene non l’ho sofferto come Ayoub Nefzi, marocchino belga, che boxava in modo strano e imprevedibile. A volte, anche in allenamento, è più facile fare i guanti con uno bravo che con uno confusionario che non capisci cosa farà".
E’ anche il momento di ricordare chi lo segue e chi lo ha seguito... "Ci tengo moltissimo a ringraziare il mio maestro, Valerio Monti, che pur non avendo ancora una grandissima esperienza mi ha dato tanto e gli riconosco doti che mi ricordano Virgil Hunter, che io ho conosciuto in America. Per me è come un fratello più grande, ti aiuta psicologicamente, ogni problema diventa ridicolo con lui. Oltrettutto è uno che parla chiaro e ti dice le cose come stanno: Valerio è il classico maestro arrivato al momento giusto. Devo anche dire che io un buon rapporto l’ho avuto con tutti i maestri che mi hanno seguito durante la mia carriera. Luciano Sordini è quello che mi ha "allevato", mi ha aiutato a prendere sicurezza e a credere in me. E’ stato l’unico che io ho giudicato come un padre. Ringrazio comunque tutti da Eugenio Agnuzzi a Carlo Maggi. Ognuno mi ha dato qualcosa ed è capitato al momento giusto. Voglio anche accomunare a tutti questi Stefano Piccheri e Marco Paolini, personaggi fuori del nostro mondo". Alfredo Bruno |