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"Non fare il furbo, combatti", di Dario Torromeo, il suo 9° libro di pugilatoEdito da Absolutely Free – 260 pagine, 15,00 eurodi Alfredo Bruno Dario Torromeo mette nella sua particolare bacheca il 12mo libro, ma quello che più ci interessa il 9° di pugilato, una Top Ten in materia che non trova eguali. Ultimo nato e ultimo presentato si intitola “Non fare il furbo combatti”, accattivante nella sua copertina, dove sembra che la boxe non sempre ne esca bene. Ci pensa l’autore in maniera laconica a spiegare “La boxe è nobile, gli uomini non sempre lo sono”. Seguo Dario da lungo tempo, collegato da un’amicizia più che trentennale, da quando era un rampante collaboratore del Messaggero, prima di entrare e diventare famoso nel “Corriere dello Sport”. La boxe in pratica gli fu imposta da un maestro come Franco Dominici e mai imposizione fu più dolce e azzeccata. Ogni presentazione dei libri di Torromeo abbraccia un quartiere particolare, si passa da piazza Colonna, per arrivare alla Garbatella, dove è nato, da via Cavour a Testaccio dove da “Flavio al Velavevodetto” è apparso “Non fare il furbo, combatti”. L’autore da buon primattore ha con sè due non protagonisti non meno importanti come Federico Zamboni e Giuseppe Ippoliti. Il primo scrittore e giornalista, esperto in musica leggera, dove tratta con indifferenza blues, reggae e rock, si cimenta con consumata abilità in un mondo che non è il suo. Lo fa con disinvoltura e con dialettica fluida che diventa per la platea il filo d’Arianna per trovare la strada giusta di un mondo che Torromeo si diverte a mischiare senza ordine di tempo, di luogo e di importanza. A Giuseppe Ippoliti invece tocca il compito di risvegliare il nostro interesse aggredendo con la sua lettura il personaggio stabilito da Torromeo regista-scrittore. La sala neanche a dirlo è stracolma, incontro colleghi della carta stampata, della televisione, vedi Fusco e Mattioli. Logicamente ci sono molti appassionati, amici dell’autore, ex campioni, da Sergio Jannilli a Mario Romersi, un habituè dopo la sua testimonianza su Carlos Monzon. L’arbitro De Camillis protagonista in una delle 10 Olimpiadi seguite da Torromeo fa bella mostra insieme a seminuovi e vecchi organizzatori, parliamo di Renzo Frisardi, di Giulio Spagnoli, di Roberto Sabbatini. Un mondo variegato che lancia il classico segnale che la boxe c’è sempre, solida e incrollabile. Al tavolo dei relatori c’è una figura che tutti conosciamo e abbiamo imparato ad amare: Leonard Bundu, nato nella Sierra Leone e cittadino del mondo con la sua sua parlantina allegra e sorniona da toscano. Lui è uno dei protagonisti del libro insieme a Giacobbe Fragomeni, un destino quasi comune a livello mondiale dopo una gioventù vicina al baratro prima di risalire la corrente grazie al ring. Quelle di Leo e Giacobbe sono storie a lieto fine, così come quella di un guerriero del calibro di Luigi Minchillo, che ha fatto tremare fior fiore di campioni del mondo. Sono storie alla Franck Capra dove tutto si aggiusta nel migliore dei modi. Nel libro ci sono anche storie un po’ noir di personaggi più o meno conosciuti che sembrano dipinti dalla penna graffiante di Raymond Carver. Non è un caso che Torromeo inizia la presentazione del suo libro con il filmato del match tra La Motta e Mitri. Il triestino per certi versi è l’antesignano di quest’opera. La sua morte lascia ancora oggi sconcertati: “Disgrazia o suicidio?”. Eppure il bel Tiberio che rappresentava insieme all’ affascinante Fulvia Franco il volto di Trieste, ritornata all’Italia, aveva tutto per diventare ricco e famoso. Un po’ è la storia di Loris Stecca, un guerriero sul ring, campione del mondo inaspettato, costretto a dover sempre lottare per risorgere. La vita sfortunata di Giovanni Parisi, grande campione dal carattere difficile, morto in un incidente stradale fa da contraltare alle vite più lineari di Patrizio Kalambay, Stefano Zoff, i Duran. Le vite tragiche di Rubin Carter e Iwao Hakamada condannati per crimini che non avevamo commesso sono setacciate con prosa scarna ed efficace per farci capire che forse la giustizia in molte occasioni si volta dall’altra parte. Ci sono i perdenti di professione e i vincitori di professione: Eric Crumble (31 match disputati, 31 ko subiti) e LaMar Clark, vincitore con 41 ko consecutivi, al quale spetta il record di non essere mai arrivato a un titolo neppure lontanamente. Il libro comprende 32 capitoli, sono 32 racconti, data la loro lunghezza sembrano 32 novelle completamente diverse una dall’altra. Torromeo sembra quasi essersi divertito nello scrivere e mischiare le carte. Molti racconti li conoscevo attraverso il suo blog, ma visti tutti insieme racchiusi in un libro fanno tutto un altro effetto, sembra di leggerli per la prima volta per arrivare a un finale imprevisto. Internet è una gran bella invenzione, ma il libro, grazie anche a Dario ha segnato un altro punto a suo favore. Alfredo Bruno |
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