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27 gennaio 1958 Cavicchi batte Bacilieridi Alfredo Bruno Fare una riunione pugilistica di lunedì oggi può apparire quasi fantascienza. Ma negli anni ’50 e ’60 valeva il motto “mai dire mai”. Il Palazzo dello Sport di Bologna sembrava confermare la regola, gremito di pubblico com’era, per la felicità dell’organizzatore Renato Torri. Il clou era tenuto da una sfida tra pesi massimi senza titoli in palio, anche questo impensabile oggi. Franco Cavicchi (nella foto) e Uber Bacilieri si trovavano di fronte per la seconda volta; nella prima a Milano, titolo in palio detenuto da Bacilieri, aveva vinto Cavicchi per ko alla decima ripresa dopo aver rischiato la sconfitta per ferita. Una rivalità, la loro, acuita con il passar del tempo in una sorta di derby emiliano tra Copparo (Ferrara) e Pieve di Cento (Bologna). Una rivalità sentita dai numerosi loro tifosi. Quella sera come abbiamo detto non c’era un titolo, ma c’era la possibilità di insinuarsi in una sfida europea. Cavicchi era già stato campione d’Europa, ma il 30 settembre del 1956 davanti al suo pubblico perse la corona di fronte all’astro emergente Ingemar Johansson. Il gigante emiliano perse per ko alla 13ma ripresa, quando era in vantaggio ai punti. Una sconfitta con molti punti interrogativi soprattutto per la scarsa tenuta mentale del nostro atleta. Uber Bacilieri, ormai 34enne, da due anni era il campione italiano. L’ex calzolaio aveva un fisico d’acciaio, ma difettava di potenza. Nei massimi ci vuole un coraggio particolare e Uber lo accentuava in quelle che potevano essere imprese ardue. Aveva incontrato, quasi sempre all’estero, fior di campioni come Henry Cooper, Don Cockell, Ingemar Johansson, Hein Ten Hoff, Jack Gardner, Joe Erskine, perdendo onorevolmente. Per Franco Cavicchi, più giovane di 5 anni il discorso cambiava totalmente. Fisicamente era baciato dalla provvidenza: una statua con una forza e muscolatura eccezionale. Nat Fleischer, leggendario direttore di The Ring, stravedeva per il nostro campione e dopo la sua conquista europea su Heinz Neuhaus, fece di tutto per convincerlo a combattere in America, ma il contadino di Pieve di Cento, animo buono, non accettò, perché non voleva abbandonare la sua terra, ma soprattutto i suoi campi. Dopo la sconfitta con Johansson ci fu un breve periodo buio, ma poi c’era stata la risalita di “Checco” con successi prima del limite su Westphal, Duquesne e Brianto. Renato Torri credeva nella sua “gallina dalle uova d’oro” e gli organizzò il match con Bacilieri (nella foto), mentre come sottoclou c’erano altri match interessanti tra pesi massimi (Scarabellin, De Persio, Luise, Stagni tra i protagonisti). Tra Cavicchi e Bacilieri fu un combattimento senza storia: si capì fin dalle prime battute a chi sarebbe andato il successo. Lo capivi dalle smorfie di dolore che Bacilieri non poteva trattenere di fronte alle mazzate al corpo che gli rifilava il rivale. Alla sesta ripresa dopo una serie al corpo e al volto il ferrarese fu messo irrimediabilmente ko. Cavicchi aveva abbattuto il suo irriducibile avversario per la seconda volta. Chi pensava che questo match sarebbe stato il suo definitivo trampolino di lancio doveva ancora una volta essere smentito, come dimostrò, pur vincendo, nella successiva prova incolore contro il modesto francese Vidal. A Cavicchi mancava la “cattiveria”, la “determinazione”, e forse la convinzione dei suoi notevoli mezzi: un peccato perché avrebbe potuto essere il successore di Carnera. Per Uber Bacilieri, che fu tra l’altro un ottimo dilettante facendo un’ottima figura alle Olimpiadi del ’48 a Londra, suonò il campanello d’allarme che era giunta la sua fine come dimostrò poco dopo con la sconfitta subita ad opera di Mario De Persio, che lo privò del titolo italiano. In quello stesso anno Uber appese i guantoni al chiodo. Ferrara non lo abbandonò trovandogli posto tra i Vigili Urbani. Quando il 29 gennaio 2007 morì alla cerimonia il sacerdote disse: “Uber era l’uomo più forte del mondo, ma era buono come un pezzo di pane”. |
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