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23 febbraio 1960, Franco Scisciani contro Henry Speediedi Alessandro Bisozzi Nato l'8 gennaio 1934 a Civitavecchia, Franco Scisciani era cresciuto tra i giovani allievi della palestra del grande Carlo Saraudi. Frequentando gli ambienti dove erano ancora fresche le orme dei fortissimi pugili civitavecchiesi del passato, e allenandosi con atleti che sarebbero diventati campioni, come gli stessi figli di Carlo Saraudi, Giulio e Vittorio, Franco cominciò l'attività agonistica giovanissimo. Il fascino del ring, in una città che vanta una prestigiosa tradizione pugilistica, fu per lui irresistibile. Era diventato la mascotte della "Pugilistica Civitavecchiese", il ragazzetto sempre presente intorno alle faccende della palestra e delle numerosissime riunioni organizzate alla "Boxe Arena". Nelle foto scattate sul ring prima dei combattimenti, la sua faccetta impertinente e vivace appariva spesso accanto ai pugili famosi del tempo. (Henry Speedie e Franco Scisciani prima del match) Peso welter poi medio, Franco da dilettante aveva disputato una settantina di incontri, conquistando il primo successo importante nel 1955 a Barcellona, quando vinse la medaglia d'argento ai Giochi del Mediterraneo. Nello stesso anno partecipò ai campionati europei a Berlino, dove ai quarti di finale subì un'ingiustizia clamorosa dopo l'incontro col sovietico Scharerjan, quando fu eliminato addirittura dopo essere stato proclamato vincitore. Una beffa che scatenò l'inferno all'interno dello Sportpalast, dove si erano riunite cinquemila persone in stragrande maggioranza di nazionalità italiana. Una vergognosa decisione che spinse i dirigenti della squadra pugilistica ad abbandonare le gare. Nel 1956 divenne campione internazionale militare, titolo che riconquistò l'anno successivo, prima di partecipare alle Olimpiadi. A Melbourne ebbe la sfortuna di incontrare un fenomenale portoricano (con passaporto americano), un pugile che da professionista diventò per quattro volte campione mondiale dei medio-massimi: Jose Torres. Non senza una certa difficoltà, Scisciani fu battuto da Torres il quale poi dovette inchinarsi, in finale, di fronte alla straordinaria classe dell'ungherese Laszlo Papp. Passato professionista nel 1957, il civitavecchiese si distinse per una lunga serie di vittorie, alcune delle quali ottenute grazie alla sua pesante mazzata di destro, un pugno particolarmente violento e capace di chiudere il match fin dalle prime battute. Egli conservò l'imbattibilità per quasi due anni, per perderla contro il potente campione d'Italia dei pesi medi Italo Scortichini. Ferito gravemente al naso e al sopracciglio sinistro, Franco venne infatti fermato dall'intervento del medico alla nona ripresa. Nel novembre del 1959, a Civitavecchia, Scisciani batté il bolognese Remo Carati e conquistò il titolo italiano dei pesi medi. Quattro mesi dopo, il suo primo combattimento all'estero da professionista. Il grande promoter inglese Jack Solomons lo inserisce in una riunione all'Empire Pool di Wembley, a Londra. Il suo avversario è il giovane campione sudafricano Henry Speedie. Aspirante al titolo del Commonwealth Britannico, il mancino Speedie aveva un ruolino di marcia di tutto riguardo. Passato professionista appena diciannovenne, aveva destato subito notevole impressione per quel suo sinistro al fulmicotone, un diretto pericolosissimo che sapeva lanciare da distanze siderali con la velocità della luce. Il suo connazionale Piet Pieterse, che ne subì i dolorosi effetti, disse che quel colpo era più rapido del battito di ciglio. Dopo essere diventato campione sudafricano dei pesi medi, nel 1959, Speedie si trasferì in Inghilterra per intraprendere il lungo percorso necessario al tentativo di conquista del più ambito titolo dell'ex impero britannico. Lo Sports Arena di Wembley sorge dove in origine c'era una piscina, la Empire Pool appunto, e la sera del 23 febbraio 1960, otto incontri di professionisti allietarono i quasi diecimila spettatori presenti. Il match di Scisciani è arbitrato da una vecchia conoscenza del pugilato italiano, l'inglese Jack Hart, colui che nel lontano 1933, a Milano, stava per assegnare il primo titolo del mondo al nostro Domenico Bernasconi, squalificando per scorrettezze il suo avversario, il leggendario Panama Al Brown. Quella decisione rientrò per merito del giudice americano Sparks che fece applicare alla lettera il regolamento che prevede, prima della squalifica, un richiamo ufficiale. Per la cronaca, Bernasconi non riuscì a vincere quel match e non conquistò il primo titolo del mondo per un pugile italiano, primato che spetta di diritto a Primo Carnera. Jack Hart, apprezzato giudice internazionale, fu più volte al centro di polemiche per le sue decisioni tendenti a favorire pugili connazionali. La sua lunghissima carriera, iniziata nel 1926, terminò quasi quarant'anni dopo, nel 1965! Scisciani era al suo esordio oltreconfine da professionista e i rischi a cui andava incontro, affrontando Speedie a Londra, erano altissimi. Erano tanti i pugili italiani che in Inghilterra non avevano ottenuto dei verdetti "cristallini", e un rimedio da tenere in dovuta considerazione, per lui, era senz'altro quello della soluzione prima del limite. Il sudafricano era un pugile ostico soprattutto per il fatto di essere mancino, cosa non gradita a nessuna guardia sinistra ed in particolare a Scisciani che dell'in-fighter faceva la sua arma migliore. Il civitavecchiese parte come un missile, vuole prendere l'avversario in contropiede e ci riesce in pieno, perché con un destro d'incontro spettacolare al viso lo spedisce subito al tappeto. Speedie ce l'avrebbe fatta lo stesso a rialzarsi nei dieci secondi previsti, tuttavia l'arbitro gli concede un ulteriore margine, temporeggiando nel riaccompagnare personalmente all'angolo opposto l'italiano. Il recupero è veloce e il sudafricano si rimette presto in linea, seppure costretto a parare di continuo le numerose iniziative dell'avversario che lo incalza senza tregua. Scisciani fa di tutto per portare il combattimento alla corta distanza, le sue poderose mazzate giungono a segno più volte mentre Speedie col diretto sinistro cerca di tenerlo lontano. Il civitavecchiese è in buona giornata, mobilissimo ed efficiente, anche se a volte, durante le cariche, non riesce a controllare nel modo giusto la sua irruenza. Ogni più piccola breccia, ogni esitazione ed errore dell'altro è un'occasione per il velocissimo sinistro di Henry, che scatta puntuale e potente come una cannonata. Il sudafricano comunque ha adottato una tattica sfuggente, evita gli scambi in spazi corti e quando non può tirarsene fuori ricorre spesso al clinch, e a qualche abile scorrettezza, per bloccare il solido destro dell'avversario. Verso la metà dei dieci round previsti l'incontro si infiamma, una lunga serie di scambi violentissimi tra i due caratterizza questa fase del confronto, il mancino sfrutta il fattore sorpresa e la sua maggior velocità, l'italiano la sua potenza. Il pubblico inglese apprezza la combattività di entrambi applaudendo a lungo le fasi più concitate della battaglia. Il velenoso sinistro di Speedie centra più volte il bersaglio con precisione, mettendo a dura prova la solidità di Scisciani, robusto incassatore, il quale nonostante sia sottoposto ad un feroce contrattacco non molla la possibilità di poter chiudere la partita prima del limite. Il civitavecchiese appare ancora in buone condizioni di freschezza e all'inizio dell'ottavo round riprende decisamente l'iniziativa, scaricando sull'avversario una serie ininterrotta di colpi durissimi dalla corta distanza, combinazioni precise e pulite che demoliscono le difese del sudafricano costringendolo ad arretrare. Ed è proprio durante uno di questi scambi che un formidabile gancio sinistro, portato con una rapida rotazione del corpo, colpisce la mandibola di Speedie mandandolo al tappeto per la seconda volta. Anche in questa circostanza, il conteggio inizia con un notevole ritardo da parte dell'arbitro, una dilazione a favore del suono del gong che salva il pugile di Durban, ormai alla frutta. Le restanti due riprese offrono poco allo spettacolo e all'iniziativa di Scisciani, costantemente ostacolato dalle manovre ostruzionistiche di un pugile che voleva solo arrivare alla fine del match. Il verdetto sorprese il civitavecchiese più per la rapidità con la quale fu emesso che per l'esito; l'arbitro, infatti, sollevò il braccio di Speedie prima ancora che questi rientrasse all'angolo. Franco Scisciani ed Alessandro Bisozzi ritratti nell'ottobre 2013 Incontro spesso il mio amico Franco Scisciani, persona dai modi garbati d'altri tempi, il quale mi parla sempre volentieri della boxe del passato. Di quell'incontro, di quel giudizio scandaloso e assolutamente partigiano, egli usa un'espressione che mi ha sorpreso per la delicata gentilezza con la quale ha voluto tradurre il concetto di fregatura. Franco finisce di raccontarmi quell'episodio con un sorriso disincantato e una frase di una semplicità disarmante; egli dice: «Sono stato buggerato, tutto qui, sono stato buggerato.» Dietro quella frase si nasconde, secondo me, un disappunto profondissimo, inasprito anche dall'esito di un'altra decisione, a dir poco affrettata, subita quattro mesi più tardi durante il match con Bruno Fortilli a Saint Vincent, quando Franco perse il titolo d'Italia in seguito a squalifica al decimo round. Per un atleta dall'integrità morale come lui furono ingiustizie intollerabili, e quest'ultima la classica goccia che fa traboccare il vaso, una disillusione verso il mondo del pugilato che lo spinse sulla via del ritiro dall'attività ad appena ventisei anni. Alessandro Bisozzi |
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