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La storia del pugilato civitavecchiese nel secondo libro di Bisozzidi Alfredo Bruno Alessandro Bisozzi ha fatto il bis e ancora una volta ha fatto centro. Nella recensione del suo libro precedente, quello dedicato a Vittorio Tamagnini, avevamo accennato che forse la boxe civitavecchiese aveva trovato il suo cantore, il suo Omero. Siamo stati facili profeti perché è uscito “I campioni – Le origini del pugilato civitavecchiese da Carlo Saraudi a Pasquale Morbidelli”, in pratica dalle origini fino agli anni ’70. Lo scrittore-storiografo traccia quindici profili e biografie di grandi protagonisti e di altri meno fortunati e bravi, ma ugualmente importanti e necessari per descrivere la loro epoca. Vittorio Tamagnini è stato il più grande, ma parliamo di un fuoriclasse, che grazie a Bisozzi ha avuto il suo degno posto nella storia e non più quello custodito nei ricordi di pochi intimi. La bravura di Bisozzi con il suo stile scarno ed efficace, senza voli pindarici, è quella di averci fatto riscoprire la passione che Civitavecchia ancora oggi nutre per la boxe e i suoi protagonisti. Le origini portano il nome dei Saraudi in primo piano, da papà Carlo ai figli Giulio e Vittorio, in epoche completamente diverse, nel segno di un destino legato alla categoria dei mediomassimi che li ha visti dominatori nel nostro panorama. Il Porto con le navi provenienti soprattutto dall’ Inghilterra è stato per certi versi il vero regista di questa disciplina, che entusiasmò subito trovando proseliti soprattutto tra i lavoranti e non è un caso che anche alcuni atleti di oggi hanno trovato lavoro proprio lì. Carlo Saraudi fu scippato della medaglia di bronzo alle Olimpiadi parigine del 1924. Si distinse anche tra i professionisti dove per un periodo cercò fortuna in America con il nome di battaglia di Jack Moresco e tornato in Italia affrontò Preciso Merlo per il titolo nazionale. Carlo dopo aver abbandonato la boxe si dedicò all’insegnamento e istradò, insieme ad Alberto Guainella, fior fiore di campioni. Giulio e Vittorio furono i grandi protagonisti a partire dal 1955. Giulio aveva una classe adamantina, Vittorio aveva la dinamite nel destro e la mascella di vetro, se avessero unito le loro doti avrebbero formato un pugile imbattibile. Bisozzi nel suo itinerario ci fa conoscere di volta in volta altri protagonisti come Alberto Guainella, Egidio Roversi, Astolfo De Negri, Ferrero Medici, Gino Saladini, Mario Crisostomi. L’autore dà rilievo alla figura di Francesco Fratalia, che fu sparring di Rocky Marciano, e Nicola Funari, che molti all’epoca intravidero come l’erede di Tamagnini, e che invece non riuscì a conquistare alcun titolo pur avendo affrontato con alterna fortuna i migliori. Il libro si apre con un capitolo dedicato a Franco Scisciani, 80 anni ben portati, dominatore da dilettante nei superwelter e medi, sconfitto alle Olimpiadi di Melbourne da Josè Torres, portoricano futuro campione del mondo. Scisciani disputò anche una buona carriera professionistica con tanto di titolo italiano, ma abbandonò ancora giovane senza aver avuto la possibilità di esprimere in pieno il suo valore. Il libro si apre con Scisciani e si chiude con Pasqualino Morbidelli, grande protagonista alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 arrivando poi nel professionismo alla conquista del titolo italiano. Tra questi due “grandi” s’incastona Salvatore Manca, sfortunato per aver trovato sul suo cammino Salvatore Burruni. Ci sarà un terzo libro? Non è escluso, perché già in questo c’è un filo conduttore in Giuseppe Peris, che plasmò i Massai, i Corrente, i Branco, i Morra per arrivare ai giorni nostri con Emiliano Marsili, campione europeo e prossimo a battersi per il titolo mondiale. Alfredo Bruno |
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