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Nel 1936, al Teatro Jovinelli di Romadi Alessandro Bisozzi Appena tre settimane dopo aver conquistato il titolo europeo dei pesi leggeri, Vittorio Tamagnini (nella foto) dovette prepararsi per fronteggiare un pericolosissimo avversario. Il bravo spagnolo José Mico, classe 1911, dopo aver conservato una lunga imbattibilità, si rivelò pienamente nel 1933 sconfiggendo, per due volte consecutive in un solo mese, il suo connazionale Segundo Bartos e poi addirittura Aldo Spoldi per knock out alla quinta ripresa. Nel 1934 conquistò il titolo spagnolo dei leggeri, corona strappatagli lo stesso anno proprio da Bartos che si prese la rivincita delle due sconfitte subite. L’anno seguente tuttavia, Mico non poté fare nulla davanti alla classe cristallina di Orlandi e Turiello e alla strapotenza di Freddy Miller che lo fulminò alla terza ripresa. Dopo queste sconfitte però, José riuscì a sorprendere ancora gli allibratori quando uscì vincitore dal confronto col fortissimo londinese George Daly, il pugile che (caso quasi più unico che raro) pur vincendo centotrentasette incontri su un totale di centonovantatre, in ventidue anni di carriera, non divenne mai campione di nulla. Ovviamente Daly chiese la rivincita, ma per la gioia di chi ebbe il coraggio di scommettere ancora sullo spagnolo, egli riuscì solo ad arrivare al termine del match e perdere un’altra volta ai punti. Mico era l'uomo delle sorprese, se azzeccava la giornata giusta poteva creare problemi a chiunque e pur non essendoci nessuna corona in palio, Tamagnini poteva rischiare una brutta figura ad appena tre settimane dalla conquista del titolo d’Europa. Il 31 ottobre 1936, il Teatro Jovinelli era stracolmo all'inverosimile, anche per la presenza del pugile di casa e neo campione italiano dei pesi welter Vittorio Venturi che di tifosi, a Roma, avrebbe potuto riempirne uno stadio. Il romano affrontò il greco Wakerlis in un incontro piuttosto difficile, vinto solo facendo ricorso a tutta la sua insuperabile classe. Mico fece molta fatica a rientrare nei limiti di peso della categoria e sulla bilancia segnò sessantuno chili, uno in più del civitavecchiese. Il "Moschettiere" appare in forma smagliante e sul ring stabilisce da subito le proprie regole; all'avversario bastano poche riprese per capire che è meglio stare tranquilli e provare a resistere difendendosi, pur di non provocare le sue rabbiose reazioni. Tamagnini però vuole esibirsi, sfoggiare la sua superiorità, si sente a posto, sereno, è il campione d'Europa, il più forte di tutti. Per lo spagnolo si mette male, rimangono solo cinque round al termine, ma sono quindici minuti d'inferno per lui, costretto a subire una durissima e prolungata lezione. Vittorio è davvero in una delle sue giornate migliori, si batte con disinvoltura, sfodera una prestazione superba, potente. A ventisei anni è un professionista maturo, al suo massimo splendore, al vertice delle sue potenzialità. È al suo apogeo. Allo spagnolo manca soprattutto il coraggio e un po’ d’iniziativa, ma davanti a una tale irruenza è difficile ragionare e disporre un attacco. Il civitavecchiese chiude la partita in nettissimo vantaggio e prima del verdetto dei giudici, Mico, molto sportivamente, gli si avvicina alzandogli il braccio in segno di vittoria." Tratto dal libro "Vittorio Tamagnini. L'uragano di Amsterdam". Alessandro Bisozzi |
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