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Il 16 novembre 1932 contro Cheo MorejonAlberto Guainella era nato a Civitavecchia nel 1908. Ancora fanciullo aveva cominciato a frequentare la palestra aperta da Romolo Parboni, in cui si allenava un altro pugile già molto noto in città: Carlo Saraudi. Alberto era un buon peso medio dal fisico longilineo e dotato di un allungo di tutto rispetto. Si era fatto notare, durante la carriera dilettantistica, per il pugno piuttosto potente e per le sue buone qualità di incassatore. Era un combattente nel più puro significato del termine, un mestierante in grado di affrontare qualunque avversario senza nemmeno porsi il problema di prepararsi a sufficienza. Alcuni giorni in palestra e Alberto, all'occorrenza, sarebbe stato in grado di sfidare anche un peso massimo. Quando a vent'anni partì militare in marina lo spedirono dall'altro capo del mondo, a Tientsin, la concessione commerciale della Cina concessa all'Italia. Alberto partecipò ai campionati di pugilato della Cina del nord (un torneo riservato ad atleti cinesi civili e aperto anche alle truppe del corpo di occupazione militare), comportandosi piuttosto bene. (Tony Campolo si allena sulla nave Libia della Regia Marina) Dopo il congedo passò professionista ed iniziò una dignitosa carriera da gregario, assumendo lo pseudonimo di Tony Campolo. Guainella era un grande amico di Vittorio Tamagnini, il campione olimpionico di Amsterdam, il quale gli fece ottenere un ingaggio di tutto riguardo nel 1932, in occasione del suo match con Domenico Bernasconi. L'incontro di apertura di quella riunione, tenuta nel nuovo stadio di San Siro a Milano, vedeva opposti Guainella e Michele Palermo, alias Kid Frattini. Fu un bell'incontro in sei riprese che Campolo vinse con netta superiorità. Poche settimane dopo, Campolo partì per la Spagna con un buon contratto in valigia. Una lunga tournée durante la quale avrebbe dovuto incontrare alcuni fortissimi pugili di caratura internazionale. Non era una stella Alberto e nelle trasferte partiva solo, in treno. Il biglietto di seconda classe in tasca e qualcosa da mangiare preparato da sua madre in valigia. Il viaggio per Barcellona, allora, durava quasi due giorni. Pasquale Gramegna, il suo manager, gli fece trovare laggiù un allenatore che lo avrebbe anche assistito all'angolo durante i combattimenti. Il 16 novembre 1932, nel bellissimo Teatro Olympia di Barcellona, Tony Campolo affronta il cubano Cheo Morejon, un atleta fortissimo e molto esperto, un pugile dalla carriera altalenante ma condotta sempre ai massimi livelli. È lo scontro tra due subalterni, due atleti che conoscono alla perfezione l'arte di guadagnarsi da vivere massacrandosi chiusi tra dodici corde. Ad Alberto non impressiona troppo la fama del cubano, perché fin dall'inizio del combattimento cerca subito battaglia, guadagnandosi terreno con colpi magnifici che mettono in difficoltà il roccioso avversario. La lotta è particolarmente dura, tra due uomini pratici che concedono poco allo stile o allo spettacolo. Tutto è in funzione del massimo rendimento con la minima spesa, una lezione di semplicità applicata al manuale pugilistico. Azioni pulite, concrete ed efficaci. Due esperti artigiani della boxe al lavoro. Il cubano prova più volte il colpo risolutore, vorrebbe chiudere prima del limite perché si accorge di avere di fronte un atleta che pur non essendo alla sua altezza né sul piano fisico né su quello della preparazione, potrebbe metterlo in seria difficoltà. Il pubblico del Teatro si appassiona incoraggiando l'italiano dato nettamente per sfavorito. Alla settima ripresa Morejon ha un attimo di disattenzione, una leggerezza che Campolo non si lascia sfuggire scaricando uno splendido diretto destro che si stampa sulla mandibola dell'avversario. Il cubano finisce al tappeto in ginocchio, ma senza neppure aspettare il conteggio dell'arbitro si rialza. È stato un bel momento per il civitavecchiese che a causa della stanchezza non può approfittare della situazione. Il match prosegue con accanimento da parte di entrambi i pugili e si chiude alla decima ripresa con un verdetto di parità che suscita il malcontento del pubblico, sicuro di una leggera superiorità dell'italiano. Nonostante il pronostico, Campolo si dimostrò un atleta all'altezza del temibile avversario che in nessun momento della lotta riuscì seriamente a metterlo in difficoltà. Alberto Guainella, alias Tony Campolo: un atleta serio e coraggioso che attraversò in silenzio, senza clamori, un decennio formidabile per il pugilato italiano. Affrontò decine di combattimenti, ma non vinse mai nessun titolo, mai nessun trionfo. Uno come tanti. Un pugile. Alessandro Bisozzi |
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