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Bruno Arcari compie 70 anni di Alfredo Bruno Ogni anno con l’1 gennaio scatta l’Anno Nuovo e per noi appassionati di boxe diventa automatico fare gli auguri a Bruno Arcari, nato proprio l’1 gennaio del 1942 ad Atina nel frusinate, costretto ad emigrare ancora bambino a Genova. E’ stato uno dei più grandi campioni della storia pugilistica italiana; per Rino Tommasi, se non il più bravo, è stato senz’altro il più forte, un uomo scolpito nel ferro che detenne il titolo mondiale dei superleggeri per circa 4 anni vincendo tutte le 10 sfide mondiali. Arcari si appassionò alla boxe seguendo le imprese di Duilio Loi, triestino-sardo, che iniziò la sua carriera dilettantistica proprio a Genova. Su consiglio dello zio si presentò alla “G. Mameli”, importante società dove insegnavano Alfonso Speranza e Armando Causa. Sono questi i personaggi fondamentali insieme a Rocco Agostino (procuratore) e Rino Tommasi (organizzatore romano) che saranno gli artefici di un’ incredibile carriera. Arcari dimostrò fin da dilettante di avere qualcosa in più degli altri: classe, rabbia, forza, cattiveria agonistica. Era un mancino ma faceva male anche con il destro; aveva, però, nella fragilità delle sue arcate sopraccigliari, il suo tallone d’Achille. Dopo le sfortunate Olimpiadi di Tokyo nel 1964 passò professionista firmando un accordo con Rino Tommasi, che per primo aveva creduto nelle sue grandi possibilità. Era stato eliminato a Tokyo per ferita e neanche a farlo apposta perde il suo primo incontro da professionista per ferita, battuto dal non trascendentale Franco Colella, pugile scorbutico, che ancora oggi nel suo biglietto da visita tiene scritto “Franco Colella, vincitore di Bruno Arcari”. Infila una serie di vittorie che lo portano alla sfida con Massimo Consolati per il titolo italiano dei superleggeri. Anche qui una brutta ferita alle sopracciglia lo costringe alla resa medica al decimo round. Sembra un controsenso: Arcari subirà le sue uniche sconfitte da pugili italiani ed entrambe per ferita. Si prende un’immediata rivincita con Consolati e il titolo italiano conquistato unito ad una bella serie di vittorie lo portano a battersi per l’europeo. Il campione all’epoca era l’austriaco Johann Orsolics, un superleggero con il fisico da medio, molto forte e aggressivo. Il 7 maggio 1968 a Vienna di fronte a 15mila spettatori frantumò in maniera quasi scientifica il suo avversario che crollò al 12mo round, malmenato e sfinito. Quel match fu trasmesso in televisione e fu una fortuna, perché fece conoscere il valore di questo atleta, che non amava i riflettori e conduceva una vita riservata. Ben presto anche il titolo europeo cominciava ad andargli stretto e Tommasi propose la sua candidatura ai due campioni dell’epoca Antonio Cervantes (WBA), grande pugile colombiano, e il filippino Pedro Adigue Jr (WBC) che accettò l’offerta e venne a Roma. Il match di 15 riprese si disputò il 31 gennaio del 1970 al PalaSport dell’Eur davanti a circa 8.000 spettatori. Al terzo round Adigue sparò un destro che avrebbe abbattuto un bue, ma non una roccia come Arcari. Dall’ottava ripresa si vedeva chiaramente che il filippino, comunque sempre pericoloso, aveva speso le migliori energie, mentre il “ciociaro”, che aveva all’angolo Rocco Agostino, conservava ancora energie per disputare altre 15 riprese. Bruno Arcari e Pedro Adigue dopo il combattimento Fu un capolavoro come lo sarà più tardi la seconda sfida con il brasiliano Joao Henrique, che si disputò a Genova il 10giugno 1972. Al brasiliano, che era considerato in assoluto all’epoca il migliore della categoria, riservò lo stesso trattamento di Orsolic. Il match finì alla 12ma ripresa con un duro ko che pose fine alla carriera di Henrique. Arcari non era alto, ma aveva un fisico robusto, cosa che lo costringeva a grossi sacrifici e fu così che decise di abbandonare il titolo per passare tra i welter. Si cercava di allestire un match con il campione Josè “Mantequilla” Napoles, ma questi non ne volle sapere, in pratica sparando cifre spropositate. All’epoca si stava facendo largo Rocky Mattioli, un giovane italoaustraliano forte come un toro. Il 3 aprile 1976 i due combatterono a Milano. Sulla carta doveva essere un passaggio di consegne, Arcari aveva 34 anni e regalava qualche chilo all’avversario che era un superwelter. Il verdetto fu di parità ma qualcosa fu tolto al “ciociaro” che dimostrò di avere intatte molte delle sue qualità. Si ritirerà due anni dopo con un record di 70 vittorie, 38 per ko, due sole sconfitte e un pari. Un altro suo record è quello i aver sempre vinto da Campione: 5 da Campione Italiano, 5 da Campione d’Europa, 10 da Campione del Mondo WBC. Per un periodo fu maestro di boxe e procuratore. Ebbe incarichi come Consigliere anche in Federazione, ma fedele al suo clichè di uomo schivo di onori, si ritirò anche dalla dirigenza federale per ricevere la nomina di Presidente onorario della Pugilistica Spezzina.
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