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Oro, il terzo, per la Davide, argento alla inedita Severin, la promettente Mesiano è bronzo.di Giuliano Orlando L’oro europeo femminile ci mancava dal 2005, a Toksberg nella lontana Norvegia, dove l’Italia fece doppietta con la Galassi (50 kg.) al terzo centro e la Tosti (48) la trottolina azzurra, che dopo il doppio bronzo (2003-2004), conquistava l’alloro più importante. Nelle successive edizioni, l’Italia non era andata oltre il bronzo. Nel 2006 a Varsavia grazie a Calabrese (48) e Imbrogno (50) e nel 2009 a Nikolayev in Ucraina, con la Davide, eliminata in semifinale da uno dei mostri sacri russi, la Ochigava (7-7-’85), tra le pochissime a vantare un successo sull’irlandese Taylor, nel 2010 torneo di Usti (R. Ceca), col passivo di diverse sconfitte, l’ultima ai Giochi di Londra, la penultima agli europei 2011 a Rotterdam in Olanda. Una che vanta due ori mondiali (2005-2006) e altrettanti europei (2007-2009). Davide, tosta salernitana, classe ’80, prima di questo trionfo, ha percorso un suo tragitto personale, con la cocente delusione del mancato appuntamento di Londra, dove tutti ritennero di aver ragione, anche se forse una Davide a 60 kg. era un lusso esagerato. Che fosse un talento eccezionale, svezzata da papà Pasquale, lo si sapeva da sempre. Dagli europei 2003 (22 anni), disputati a Pecs, alla prima partecipazione italiana, con l’altro fenomeno Galassi, la Davide fece fuori la concorrenza, battendo in finale la strafavorita Karpacheva, oro uscente, come ha fatto undici anni dopo, superando in semifinale l’altra russa Saveleva, titolare a Londra e vincitrice a Rotterdam nel 2011 tra i 54 kg. Nel 2004 sul ring di Riccione, ancora in accoppiata con la Galassi conquista il secondo oro. Assente nel 2006, l’anno dopo a Vejle in Danimarca, unica italiana presente, subisce un furto con scasso di fronte alla norvegese Egner, giunta all’argento, premiata con un 6-5 scandaloso, in avvio di torneo. La Davide, quinta presenza europea, sul quadrato di Bucarest ha offerto spettacolo d’alta scuola. Cinque incontri in sette giorni, eliminando la serba Krstic, l’inglese Whiteside, argento nei 57 a Rotterdam, dove aveva superato la nostra Verrecchia (12-5) negli ottavi, quindi la tedesca Nimani, in semifinale come già detto sopra la russa Saveleva, a cui vanno aggiunti il mondiale 2010 e il bronzo 2012. Dite voi a che livello ha combattuto la Davide. In finale la polacca Wicherska ha fatto la figura della comparsa. Tutte vittorie 3-0, ottenute con una facilità sconcertante. Accanto a questo oro, va affiancato l’argento della Severin, prodotto della marca trevigiana, uscita fuori a sorpresa agli assoluti del 2013, praticamente alle prime armi, con quattro-cinque match all’attivo. Va dato ai responsabili tecnici di aver lavorato bene, anche sul piano psicologico, giunta in finale nei + 81, non per caso. Prima ha superato la croata Vernic, bronzo uscente, presente ai mondiali 2012, superata sul velluto. La sfida con la Turcin, atleta di casa, era di ben altra dimensione. Argento europeo nel 2007, nel 2009 la romena, dopo aver battuto in semifinale la Kovacs, in finale conquistava il titolo ai danni della turca Yagci, che si era tolta lo sfizio di eliminare la russa Yavorskaya, argento nel 2007. L’azzurra contro la Turcin ha disputato il match capolavoro, tenendo la tenace rivale a distanza, anticipando col sinistro e poi col destro a dare consistenza all’azione. Il 2-1 è il solito giudice che ama il paese che lo ospita. Nella sfida per l’oro, ha prevalso l’esperienza dalla magiara Maria Kovacs, 33 anni, un curriculum impressionante, dai medi ai massimi, quattro ori europei a cominciare dal 2003 e due argenti, quattro podi mondiali: due d’oro e due d’argento, tra il 2001 e il 2006, vicino ai 150 incontri. Eppure la Severin, nel quarto round, liberatasi dall’emozione, ha tenuto in scacco la rivale, facendo intendere che d’ora in poi le prime della categoria dovranno fare i conti con questa ragazza dai capelli rossi, la cui età anagrafica (10-4-87) è inversamente proporzionale a quella biologica.
(Flavia Severin durante la finalissima +81 Kg contro la Kovacs) Altra bella realtà è la Mesiano, laziale di Latina, 22 anni, due titoli universitari, scesa a 57 kg. dove ha dimostrato di essere una campioncina in erba, batte la francese Revel, poi la Perijoc, beniamina di casa. Nei quarti, probabilmente senza saperlo, vendica Marzia Davide, eliminando la norvegese Ingrid Egner, argento europeo nel 2007, colpevole di aver battuto nei preliminari Marzia Davide con un verdetto iniquo.
(Alessia Mesiano terza nei 57 Kg) A distanza di sette stagioni, fatta giustizia. Si è fermata in semifinale, superata dalla russa Dobrynina, giunta all’oro. Confesso che speravo in una medaglia dalla Calabrese (48) e la Gordini (51), eliminate al primo turno. Veterane ultratrentenni, già salite sul podio. La prima bronzo europeo 2006, la romagnola argento mondiale 2012. Il capo delegazione Rosa, alla mia domanda sui due verdetti, è stato molto onesto. “Avevano vinto entrambe, ma la Gordini sul filo del punto e due giudici hanno premiato la Kob (Ucraina), mentre alla Calabrese hanno fatto lo scippo. La sua vittoria era chiara e strameritata, ha tenuto sotto tiro la russa Genevanova per quattro riprese, anticipandola e colpendo preciso”. Punita a sua volta nei quarti, a favore della stella di casa, Duta che non aveva vinto, ma col solito 2-1 è arrivata al titolo. Un vero peccato perché Valeria era in forma strepitosa e avrebbe festeggiato i 32 anni col podio. Nei welter la napoletana Amato, classe ’89 al debutto, ha trovato subito nell’inglese Copeland, giunta in finale, battuta dall’azera Vystropova, che dopo aver fatto esperienza utile agli europei 2011, argento ai mondiali 2012, titolare ai Giochi di Londra, ha portato per la prima volta l’oro continentale al suo Paese. Un’avversaria troppo esperta per la campana. Ha fatto esperienza. Stesso discorso per la bolognese Alberti, la pulcina della squadra, freschi vent’anni, a cui è toccata l’altra titolata inglese Jonas nei 64 kg. bronzo agli ultimi mondiali, titolare ai Giochi di Londra e argento a Bucarest. Una sconfitta prevista, ma anche la consapevolezza che il futuro potrebbe tingersi d’azzurro. Un premio alla ragazza della gloriosa Tranvieri, bronzo tricolore e titolare azzurra. Niente male, adesso tocca a lei confermare la fiducia. La vicentina Marenda, triplice tricolore, non è stata fortunata, anche se occorre dire che nei leggeri, finchè sarà presente l’irlandese Katie Taylor, la Lomachenko al femminile, oltretutto sempre presente, probabilmente disputa anche il torneo del condominio di casa, la lotta è per l’argento. Infatti lo ha conquistato la francese Mosselly, un gioiellino che vinceva tutto nelle categorie giovanili, ma con l’irlandese segna anche lei il passo. La Marenda, dopo aver battuto le non facili Tsiplakova (Ucraina) Lundblad (Svezia) di misura ma giustamente, ha pagato la fatica e la classe della transalpina, ma a differenza del passato, dove restava indietro, stavolta ha lottato ad armi pari e poteva anche scapparci la sorpresa. Il 2-1 specchia l’equilibrio. Peccato perché il match valeva il podio. Detto delle atlete, un plauso va a tutta l’equipe azzurra, dal tecnico ai consiglieri presenti, dal fisioterapista al medico e tutta l’equipe. Chi mi conosce e ha la pazienza di leggermi, sa che sono appassionato di statistiche. Nei comunicati federali il nostro bilancio europeo femminile elite è di 7 ori, 2 argenti e 8 bronzi. Non dubito sia giusto, ma personalmente ritengo che sia di 7 ori, 1 argento e 8 bronzi. Il secondo argento non l’ho proprio trovato. La FPI è la fonte ufficiale, quindi avrò sbagliato io. Qualora non fosse così, niente di male. Può capitare. Detto dell’Italia, questo europeo in rosa, merita alcune considerazioni importanti. La rassegna è giunta alla nona edizione, non senza problemi di allestimento, come indicano le varie edizioni. Prima della rassegna ufficiale, il comitato europeo fece disputare due edizioni denominate Womens European Cup, nel 1999 a Koeping in Svezia e nel 2000 a Macon in Francia. Nessuna italiana presente. Come nella prima edizione svoltasi ancora in Francia nel 2001. Le azzurre debuttano nel 2003 a Pecs in Ungheria, presenti 13 nazioni, come le categorie riconosciute. Tali resteranno fino al 2007. Dal 2009 si scende a 11 e nel 2011 a Rotterdam, vengono fissate a 10, togliendo i 46 kg. un peso in via d’estinzione. Solo 6 a Vejle in Danimarca. L’edizione romena era importante per valutare le forze reali dopo i Giochi di Londra e quindi le nuove gerarchie. Il 2013 è stata stagione di transizione, quest’anno si fa sul serio. Oltre ai campionati continentali, dal 13 al 25 novembre a Jeju in Corea del Sud, il mondo femminile in guantoni si ritrova per l’ottava edizione della sfida iridata. Per questo gli europei assumevano importanza. Chi ha lasciato dopo Londra, chi intende insistere anche se l’età non è più verde. E chi spunta all’orizzonte. Ha lasciato la russa Torlopova, 35 anni compiuti, argento a Londra nei 75 kg. Insistono per contro altre veterane come la svedese Laurell, classe 1980, oro mondiale nel 2001 prima edizione, argento nel 2008 e bronzo nel 2012 nei 75 kg. tre volte europea, a Bucarest è uscita al primo turno, superata dall’olandese di colore Fontijn (27 anni) che ha poi vinto l’oro, già argento nel 2011. Della magiara Kovacs (33 anni) abbiamo detto, restano la russa Ochigava, che ha solo 29 anni, ma una carriera lunghissima, due europei e due mondiali, ma anche rivali tradizionali come la Taylor al sesto titolo europeo, affiancato ai quattro mondiali e l’oro olimpico, praticamente imbattibile. Nei + 81 si è vista la Sineskaya che ha 35 anni, cinque europei dal 2001 al 2009, argento nel 2011 e tre mondiali dai medi ai massimi. A Bucarest, stop negli ottavi contro la turca Bozduman. Vale la pena di proseguire? Sono andate molto male le inglesi Adams, reginetta a Londra, dove compì l’impresa di battere la cinese Ren, iridata in carica e la Whiteside, argento nei 57 kg. a Rotterdam, idem per le russe Gnevanova (48) e Saveleva (54) oro nel 2011, fuori dal podio la prima, bronzo la seconda. A confermare che il movimento femminile ha variabili particolari, basta elencare le i vincitrici. Nei 48 vince la Duta, non più verde, ma ai vertici da parecchie stagioni. Non è un fenomeno, ma in casa rende il doppio. Altra veterana la bulgara Petrova, presente ai Giochi, quasi 29 anni, al primo titolo nei 51 kg. grazie all’infortunio della russa Sagatayeva, nome nuovo di buon valore. Nei 54 la nostra Davide, ha sconvolto tutti i pronostici, con i suoi 33 anni è la campionessa meno giovane, che ha bagnato il naso alle più giovani. La Dobrynina, 24 anni, è considerata una delle migliori della squadra, come la collega Belyakova nei 64 kg. classe ’92, salita di categoria per lasciare spazio alla Ochigava. E’ la più giovane delle 10 titolate. Nei 69 l’azera Vystopova era attesa, visti i progressi, 24 anni in agosto, ha un gran fisico e una buona base tecnica. Attesa anche l’olandese Fontijn, 27 anni in crescita. L’ucraina Durnyeva è molto forte atleticamente, non un fenomeno, ma da seguire. La Kovacs non è certo il nuovo che avanza, ma tra i + 81, non è facile scovare talenti. Potrebbe essere la nostra Severin il nome nuovo. Giuliano Orlando |
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