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Arianna Salatino: l'arte del combattimentodi Alfredo Bruno Arianna Salatino, 31 anni, record alla mano dovrebbe essere una principiante con i suoi 5 match disputati (+ 4, = 1) nell’arco di poco più di un anno. Vederla combattere spiazza chi è abituato a dar retta ai numeri: dimostra al contrario una padronanza unita a quella tranquillità, marchio inconfondibile, che ne fanno pugile in stand bye evitata con cura dalle altre ragazze. Non si nasce imparati e il segreto viene semisvelato dalla sua attività decennale negli sport da combattimento, Muay Thai e Kick in primis. Non sempre però le ragazze che praticano arti marziali si trovano a proprio agio nella noble art, non è il caso di questa ragazza calabrese, un po’ perfezionista, da una decina d’anni residente nella Capitale. Apriamo il primo capitolo della boxe… “Ho iniziato con gli sport da combattimento, con la kick boxing. Avevo 20 anni. Per puro caso passando davanti a una palestra dalla porta vedevo i ragazzi allenarsi, per cui ho provato e mi è piaciuto. Anche la carriera agonistica la possiamo dire casuale. Andando lì ogni giorno vedevo i progressi e questo mi appassionava. Quando poi si è offerta la possibilità di combattere non ci ho pensato due volte. Ho cominciato con la boxe tailandese, per cui ho fatto alcuni viaggi in Tailandia, in campi di allenamento e mi sono innamorata di questo sport associato allo stile di vita che richiedeva. Poi successivamente il mio maestro, Alessio Smeriglio, si è unito a Eugenio Agnuzzi nella palestra della Pro Fighting e quindi ho cominciato ad interessarmi della boxe, anche se un po’ grandicella d’età”. Quando hai cominciato? “Diciamo che sono due anni e mezzo, ma che faccio solo boxe a tempo pieno un anno e mezzo, il motivo per cui ho disputato pochi match. Certo è un gap difficile da colmare avendo iniziato tardi, però per fortuna ci sono tante motivazioni. Inizialmente vivevo la boxe per integrare e perfezionare gli sport da combattimento. Poi mi sono accorta che dedicarsi al pugilato richiede molto, è quasi un altro pianeta, senza nulla togliere all’impegno che richiedono le altre discipline. Mi è cominciata a piacere anche a livello tecnico, chiaramente conoscendola di più ho capito quanto sia complesso come sport. Soffro di esserci arrivata tardi, però sono contenta, ho dei grandi maestri, mi alleno con grandi pugili, non tutti hanno questa fortuna. Rubo con gli occhi e vivo anche la realtà di un professionismo che dovrebbe decollare di più”. Come giudichi la boxe femminile? “Sono contenta della piega che sta prendendo la boxe femminile, un boom quasi improvviso, grazie anche alla buona volontà di un gruppo di persone. E’ un circolo vizioso, se uno vede un ambiente dinamico molto attivo è un qualcosa di positivo come contagio sociale. C’è la boxe, ci va una mia amica, ci vado anch’io, è una diffusione quasi automatica. Mentre da un altro lato dedicarsi agli allenamenti per mesi e non avere la possibilità di combattere può far sentire demotivati, quando stavo nella kick boxing è capitato varie volte. Quindi questa attenzione da parte di allenatori, preparatori, promoter, è sicuramente un catalizzatore molto forte. Per il resto sta nell’incognita della persona, per cui lo vedi anche attraverso queste ragazze giovanissime. E’ una scelta personale”. Che fai nella vita? “E’ una brutta domanda, perché al momento sono disoccupata. Sono dottore in ricerche di Lettere e Filosofia, dopo una laurea all’Università di Roma Tre in studi cinematografici ho vinto questa borsa in dottorato, per cui ho lavorato nella ricerca universitaria per tre anni in attesa di Concorsi che non sono mai arrivati; per cui mi sono, tra virgolette, riciclata. Sembra un termine denigrativo, invece sono felice e grata allo sport, visto che tra l’altro insegno in alcune palestre di kick sia con i bambini, con cui mi trovo bene, sia con gli adulti la sera, per cui riesco a sopravvivere, anche se è una vita di precariato totale”. Sei fidanzata e se si cosa pensa lui della boxe? “Non ci sono problemi e partecipa molto, perché fa parte di questo mondo. Un motivo in più per una perfetta concordia”. Hai qualche hobbies? “Leggo molto. Senz’altro ha contribuito il mio lavoro all’Università, tre anni passati nelle biblioteche. Mi piacciono le lingue straniere, quindi anche viaggiare. Mi sono dedicata ad alcune traduzioni per monografie. Lo studio di ricerca nel settore umanistico mi è stato utile anche se, ahimè, si è trasformato in amore e odio. E’ uno studio che ti apre mentalmente, ma non è utile per trovare lavoro. Altri hobbies sono le cose che ognuno si ritaglia, per esempio musica e film”. Che genere di film ? “Va bene qualunque genere che mi arricchisca, un po’ come tutte le opere d’arte. Lo stesso discorso vale per la musica in cui spazio dal trash a Mozart. Quando sento qualcosa che mi emoziona va bene lo stesso nel momento, anche se non è valida qualitativamente”. Il tuo colore preferito? “Forse il verde perché è un colore molto lontano dai miei gusti. Inconsciamente è qualcosa che mi manca e di cui avrei bisogno: la speranza”. Sei scaramantica? “No, anzi rido quando mi succede qualcosa, mi metto a ridere sulla mia sfortuna”. Il tuo carattere… “Molto cuore e poco cervello, più impulsiva che riflessiva. Questo porta a vivere le cose in maniera intensa, ma porta a commettere errori”. Hai paura prima di salire sul ring? “E’ una paura bella che si unisce alla voglia di combattere, cosa che tutti i pugili conoscono. E’ una paura produttiva e non paralizzante, quindi è una sensazione particolare che fa battere il cuore”. Alfredo Bruno |
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