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LIBRI DELLO SPORT, RASSEGNA DI GIULIANO ORLANDO

 

CORRERE CON IL BRANCO

Il filosofo della maratona.

Analisi approfondita sull’essenza di una disciplina dai grandi valori etici.

Mark Rowlands – Mondadori Editore – Pag. 210 – Euro 18,00

Studio ad ampio raggio su una tematica molto popolare come la corsa lunga, nello specifico la maratona. Quella che viene considerata la distanza ideale per capire i limiti del nostro corpo, viene sviluppata su molteplici aspetti, dall’approccio mentale a quello dell’allenamento, dal carattere del praticante all’attitudine fisica. L’autore vive e condivide su se stesso ogni esperienza, dal debutto a Miami della prima maratona al seguito di tante altre prove, in simbiosi col suo branco: Brenin un lupo, i cani Nina e Hugo e il cucciolo Tess. Libro ironico e molto riflessivo, ricco di citazioni da Zatopek l’uomo locomotiva, ai teorici Descartes, Kolnai, Spinoza e Murakami, il biologo Bernd Heirinch che riuscì nell’impresa non facile di risultare famoso in entrambi i campi, ognuno offrendo la propria interpretazione della corsa lunga. Mark cerca di dare un senso ad ogni sfaccettatura di questa passione nata con l’uomo anche se in alcuni passaggi indulge troppo sull’aspetto introspettivo, scusabile per un insegnante di filosofia. Ma anche siparietti spassosi come la descrizione della convivenza con Brenin, il lupo pagato 500 dollari a soli 6 mesi, inseparabile a tempo pieno, oltre che cresciuto in modo esponenziale fino a raggiungere i 90 cm. al garrese, incapace di staccarsi dal padrone. Il distacco costa disastri di notevoli proporzioni. Viene scomodato anche Schopenhauer il filosofo polacco, per spiegare la termodinamica che rientra nella condizione del corridore al quale viene chiesto se sia prevalente la sofferenza o il godimento, che derivano dallo stesso esercizio. Nel frattempo Mark continua a correre, convivendo con acciacchi e dubbi, con i polpacci fuori uso e la famiglia aumentata di un Brenin in più, il figlioletto al quale ha dato il nome del fedele compagno. Con una considerazione fondamentale: “quando corro sono pervaso dal Bene”.
Giuliano Orlando

SOLO COME IN AREA DI RIGORE

L’ultimo rettangolo segnato col gesso.

Baluardo dei guardiani del pallone. Il confine insuperabile.

John Doe – Infinito Edizioni – Pag. 288 – Euro 14,00

Sui portieri del calcio si sono scritte mille storie, tutte diverse ma anche tutte uguali: i numeri uno sono una razza particolare, nella quale la solitudine è la compagna di sempre. In questo caso la situazione è diversa anche se percorre quel segno di gesso bianco, una trincea idealizzata per difendere il regno conquistato a duro prezzo. Un bel libro, impreziosito dall’introduzione di Dario Ricci, che offre un cammeo semplice e prezioso, stimolante per la lettura. José Henrique è il figlio di un medico e di una casalinga sempre impegnata a pulire qualcosa. L’infanzia di José è di straordinaria normalità: casa, scuola e pallone. Da attaccante, fino al giorno in cui, complice un infortunio, deve sostituire il portiere titolare. Compiendo l’impresa che non ti aspetti. Parare il rigore ad un baby Manuel Roy Costa, prodigio col numero 10, già allora. Il destino é segnato. La storia prosegue nella routine del quotidiano: il matrimonio e il divorzio, la nuova fiamma e gli affari, ma pure il Benfica che in Portogallo è il verbo del calcio, con Eusebio grande profeta. Un susseguirsi di alternanze che stimolano a volerne sapere di più, lungo il doppio binario della parte storica sportiva con i nomi di Mourinho, Kakà, Ronaldo, le sfide col Real Madrid e il Barcellona, l’emozione di giocare a Wembley e al Camp Nou, e il presente che si snoda sulla tratta del quotidiano, non senza sorprese. Nella tabella degli eventi, anche per José Henrique arriva il giorno del riscatto in quel Benfica, dove ultraquarantenne, fa il terzo portiere, tra orgoglio e malinconia. Nella partita della vita al Santiago Bernabeu, contro il colosso Real dei grandi Sergio Ramos, Xabi Alonso, Higuain, Ozil, Di Maria e di Cristiano Ronaldo, qualcosa di magico accadde. Cosa? La risposta al lettore. Sarebbe crudele anticipare il fatto. Come far conoscere subito il nome del colpevole in un giallo.
Giuliano Orlando

VALERIA FA "GLI" OLIMPIADI

Non è mai troppo tardi per sorprendere.

A 35 anni diventa la più forte maratoneta italiana, dopo un intervento chirurgico.

Valeria Straneo, Marco Tarozzi – Minerva Edizioni – Pag. 136 – Euro 12,00

Chi ben comincia è a metà dell’opera. Antico detto che vale per molti. Non per Valeria Straneo, che ha scoperto di essere il talento assoluto della maratona italiana a 35 anni. Quando l’opera solitamente è nella parte conclusiva. In verità la signora Valeria, classe 1976, sposata con Manlio buon ostacolista sui 400 metri, mamma di Leonardo e Arianna, a ottenere qualcosa dalla corsa ci aveva già provato anni prima. Addirittura dai Giochi della Gioventù. Avanti al piccolo trotto fino al momento delle scelta tra sport e studio. Da piemontese tosta sceglie l’università a tempo pieno, lungo un percorso completo, internazionale. Studia in Francia e in California, abbeverandosi ad ogni fontana del sapere. Nel 2001 si laurea in lingue e letteratura moderna all’Università di Torino. La sua prima maratona nel 2000 proprio nella città della Mole. “Chiusi in 3.32’ e mi parve una bella impresa. Mi ero allenata alla media di 10 km. al giorno per un mese. La presi come una sana scampagnata. Mai avrei pensato che qualche anno dopo, sarebbe diventato un mestiere retribuito”. Qualcosa cambia nel 2002, quando conosce Beatrice Brossa, che resterà sempre la sua allenatrice, anche se allora il mondo di Valeria è ben lontano dai vertici assoluti. Lei si sente un tapasciona felice. Il talento c’è ma spunta quasi a sua insaputa. L’intervento chirurgico nel 2011, rappresenta il disco verde ad una scalata incredibile. L’anno dopo é tricolore sulla mezza alla Roma-Ostia (1.07’46”), record italiano in maratona a Rotterdam in 2.23’44”. Ottava ai Giochi di Londra, argento ai mondiali di Mosca (2013) dopo aver conteso l’oro alla plurimedagliata Kiplagat, fino all’ultimo. Lo scorso agosto altro argento europeo a Zurigo. Valeria ha spezzato molti tabù anagrafici, ha zittito i soliti addetti ai sospetti e messo in carniere altre imprese, correndo in tutto il mondo. La sua storia è stupenda, perché lei è la più straordinaria protagonista di una favola per tutte le età. Sa benissimo che arriverà il momento del ritorno a casa, ma sa perfettamente che nulla cambierà, perché nella sua vita nulla è cambiato.
Giuliano Orlando

LA STRADA DI LENA

Mukhina e Klimenko, vite per la ginnastica.

Il volo interrotto della farfalla. Drammatica caduta a 20 anni della ginnasta russa, tra misteri e contraddizioni.

Ilaria Leccardi – Bradipolibri – Pag. 214 – Euro 15,00

La breve vita agonistica di Elena Mukhina, ginnasta russa che nel 1978, compie l’impresa di battere l’immensa Nadia Comaneci ai mondiali di Strasburgo in Francia, e che nel 1980, alla vigilia dei Giochi di Mosca, cade in allenamento a Minsk in Bielorussia, facendo presagire nefaste conseguenze. Trasportata a Mosca, viene operata d’urgenza, purtroppo il verdetto é inesorabile: paralisi totale dal collo in giù. Ha vent’anni. La sua storia è percorsa in chiave italiana, attraverso interviste e interpretazioni personali, condivisibili o meno, ed è anche la storia del suo allenatore Mikhail Klimenko, di grande carisma ma anche spietato nella ricerca del massimo e forse oltre, da ogni atleta. Da Elena in particolare. Un viaggio dalle origini, quando la minuscola ragazzina (41 kg. per 1.52 di altezza) nata nel 1960, inizia a diventare farfalla e nel 1977, stupisce il mondo agli europei di Praga affiancandosi alle parallele asimmetriche all’allora divina Comaneci. L’anno dopo il primo trionfo mondiale. Nel giro di pochi mesi la sconosciuta ragazza moscovita, dal sorriso timido, allenata da “Misha” diventa la stella del firmamento mondiale. Tutto questo e molto altro, dai Giochi olimpici ai mondiali, viene raccontato attraverso gli eventi, ma ancor più dietro le quinte, dove i giochi politici hanno rilevanza fondamentale. In quell’Europa dell’Est , in cui lo sport specchia l’immagine della nazione. Invidie e tranelli, e la sempre più pressante richiesta di dare il massimo, diventano trappole drammatiche. L’incidente a Elena fa parte di questa filosofia terribile, anche se stemperata con dolcezza e misura. Elena, per 26 anni - è deceduta nel 2006 - vivrà nell’ombra di una realtà irreale. Nata per volare, destinata all’immobilità per un quarto di secolo, mostra quella forza di volontà che le permette di essere attiva in condizioni estreme. Come la vita di Mikhail Klimenko, per lunghi anni allenatore in Italia, conclusasi pochi mesi dopo quella di Elena, portandosi nell’ultimo viaggio i tanti interrogati che nessuno ha risolto.
Giuliano Orlando

C'ERA UNA VOLTA CAMIN

Lo stile e il genio di Vladimiro Caminiti.

Il poeta innamorato della Juventus. Un grande giornalista, generoso e permaloso, irascibile ed espansivo.

A cura di Roberto Beccantini – Bradipolibri – Pag. 144 – Euro 15,00

Vladimiro Caminiti ha fatto parte di quella pattuglia di giornalisti che seppero interpretare lo sport e il calcio in particolare, con l’anima del poeta, qualcosa di inafferrabile, quindi affascinante. In termini pratici si chiama talento, che molti sono convinti di poter acquistare in qualche negozio, oggi è di moda il computer, che ti offre tutte le informazioni. Sbagliato, il genietto è nel dna, te lo trovi senza saperlo. Importante saperlo sfruttare. Il siculo “Camin” lo possedeva in quantità abbondante e gli amici di redazione e di trasferte hanno sentito la necessità di farlo conoscere oltre il vialetto degli addetti ai lavori. In un libro. L’idea nasce da un bolognese (Beccantini) e da un toscano (Gambelli), con la stessa fede calcistica, quella della zebra bianconera. Cosa trova il lettore? Non tutto, ma di tutto. Il suo carattere non facile, definibile difficile e complesso. Gli scatti furiosi, ma anche la facilità di scrivere a braccio, la naturalezza di una prosa affascinante, il saper descrivere ogni personaggio con precisione chirurgica, andando ben oltre l’effetto esteriore. I ricordi dei tifosi e anche dei colleghi di fede opposta. Il “torinista” Gian Paolo Ormezzano gli offre una prefazione deliziosa nel libro “Juventus Juventus” dizionario storico romantico dei bianconeri. Godibilissimi gli articoli sui protagonisti della sua Juventus, da Scirea a Zoff, Boniperti, Platini, Paolo Rossi, Tacconi, Laudrup e le risposte ai lettori di Tuttosport. Tantissima Juve nei suoi scritti, una passione infinita e ardente, che descrive nei tanti trionfi che le squadra ha raccolto in tutto il mondo. Lui, il Camin, pronto a cogliere ogni attimo, respiro e prodezza dei suoi eroi da sempre. Un bel gesto d’amore ad un maestro del nostro mestiere.
Giuliano Orlando

TRIATHLON DALLE HAWAII AI GIOCHI OLIMPICI

ALLENAMENTO E NUTRIZIONE

Nuoto, bicicletta e corsa spiegati al meglio.

Felicina Biorci, Andrea Gabba – Bradipolibri – Pag. 130 – Euro 18,00

Alla scoperta del triathlon, non solo nei suoi aspetti tecnici, peraltro spiegati molto dettagliatamente con tabelle e schemi, ma soprattutto nella scoperta di una protagonista assoluta: Nadia Cortassa, quinta ai Giochi di Atene nel 2004, campionessa mondiale ed europea per nazioni, argento e bronzo individuale in Europa, nelle top 10 nella Coppa del Mondo per tre stagioni. Il simbolo di una disciplina antica ma ancora poco nota e popolare. Il suo tecnico Andrea Gabba, oggi allenatore della Turchia, ne descrive il lato sportivo e quello umano, una simbiosi che funziona meglio di tanti allenamenti. Superando ostacoli altissimi e delusioni profonde. Nadia punta ai Giochi di Pechino 2008, con concrete ambizioni di podio. Dopo proficui allenamento in Spagna e Namibia a quota 1800 metri, la condizione generale lascia sperare in una grande prova olimpica. Il destino purtroppo ha deciso altrimenti. A 43 giorni dai Giochi, l’atleta cade dalla bici, mentre si allena in Engadina, rompendosi il femore. Lungi dalla resa, giorno dopo giorno recupera la condizione. La settimana precedente la partenza per la Cina si presenta ai medici di Roma per ottenere l’idoneità alla gara. I sanitari si complimentano, ma non danno l’ko. Troppo rischioso. Crollano i sogni ma non la volontà di lottare ancora. Nadia e Andrea, compagni nella vita, commentano così il verdetto: “Un giorno, ne siamo certi, torneremo ai Giochi guidando nostro figlio. Non sappiamo se sarà quello che ci ha dato il Signore o uno ‘sportivo’, ma siamo certi che prima o poi un ragazzo busserà alla nostra porta per farsi guidare verso il traguardo dei Giochi Olimpici”. Ottimamente dettagliati i programmi di allenamento nelle tre specialità: nuoto, bici e corsa.
Giuliano Orlando

GARIBALDI FU SPORTIVO

IL TIRO A SEGNO DALL'UNITÀ ALLA GRANDE GUERRA

Non solo eroe dei due mondi, ma polivalente sportivo. Abile tiratore, spadaccino e pescatore, nuotatore provetto.

Sergio Giuntini – Bradipolibri – Pag. 144 – Euro 12,00

Piacevoli scoperte sull’Eroe dei due Mondi, il condottiero Giuseppe Garibaldi, che cavalcò sempre la strada dell’avventura, finalizzata alla difesa dei meno potenti, in una corsa infinita con l’handicap di partenza. Questo non gli impedì di essere eroe da sempre. Nel 1850, ancora in attività piena, esce la sua prima biografia, e alla sua scomparsa nel 1882, addirittura Alessandro Dumas vuole scrivere un saggio di ricordi. Garibaldi è stato eroe in America e nella sua Patria, le vicende risorgimentali lo etichettano come protagonista assoluto. In tale contesto di natura combattiva, può rappresentare l’ideale “pentathleta” avendo appreso nel corso degli anni giovanili tutte e cinque le specialità che ne codificano la disciplina: nuoto, equitazione, scherma, tiro con la pistola e corsa. La più grande passione sono i cavalli, che restano compagni indivisibili fino alla morte. Animalista convinto, sgrida gli ufficiali che trattavano male i destrieri. Molti sono i riferimenti nei libri dedicati alla sua vita. Ottimo cavaliere e altrettanto bravo spadaccino. In mare ha il battesimo giovanissimo come mozzo fino a diventare ufficiale. Se la cava bene anche nella corsa, qualità dimostrata particolarmente nelle sfide locali. L’apprendistato lo svolge in diretta ad ogni occasioni che si presenta. Interessante, un passo tratto dalle “Memorie” scritto dall’autore de “I tre moschettieri”. “Mio padre non mi fece imparare né ginnastica, maneggio delle armi ed equitazione. La ginnastica l’appresi sui bastimenti, salendo e scendendo lunghe le sarte, la scherma difendendo la mia testa, cercando di colpire l’altrui, sono nato anfibio per cui il nuoto è stato un esercizio naturale e posso considerarmi uno dei più forti nuotatori esistenti. Idem a cavallo, imitando i meno aggraziati. Su tutto l’autostima assoluta verso me stesso”. A completamento la storia delle discipline citate, dagli albori alla crescita sportiva.
Giuliano Orlando

GRIDALO FORTE

STORIA DEL TIFO IN ITALIA DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI

Pindaro, primo ultras della storia. Le sfide sportive segnarono l’avvio alla partecipazione dei tifosi. In Italia, la violenza, figlia del disagio, pessimo esempio.

Flavio Pieranni – BradipoLibri – Pag. 128 – Euro 13,00

Chi ritiene che il tifo esasperato sia un fenomeno di recente istituzione, ha sbagliato i conti della storia. L’istinto dell’uomo al confronto ha sempre avuto il seguito di suoi simili schierati sull’una o l’altra sponda. I Giochi ellenici ne sono la dimostrazione patente, il grande cantore Pindaro, dedica versi forti alle gare d’Olimpia. Con questi presupposti si dipana una pellicola infinita, dai gladiatori romani, il calcio fiorentino che in fatto di ruvidezza non scherzava affatto, tutto questo contornato dalla folla che urla incoraggiamenti e invettive. Nel primo ‘900, la sport diventa il veicolo primario per sensibilizzare la gente. Le prime gare automobilistiche, il ciclismo dei pionieri come il calcio, aumentano sempre più i simpatizzanti. E con loro i fedelissimi. Nel 1909 per l’arrivo del Giro d’Italia ciclistico, una folla enorme si assiepa per km in attesa di applaudire i “girini”. Non tutto è entusiasmo, ci sono anche ladruncoli e furfanti che alleggeriscono spettatori e gli stessi ciclisti, specie nelle ore notturne. Il tifo calcistico prende forma concreta negli anni ’50 e ’60, nel senso che nascono i primi club di tifosi legati alla squadra del cuore. I primi sono del Torino, poi tutte le altre a seguire, specie al Nord. Esplodono gli ultras al punto che Winston Churchill, scrive “Gli italiani vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e alla partita come fosse una guerra”. Discutibile ma non impropria. Il dopo è ancora peggiore. Gli stadi diventano teatri di scontri di inaudita violenza, ci scappano i morti e gli ultras invadono le strade. Il romanticismo dei puri ma non duri, sembra svanito nel nulla. L’autore li definisce ‘barbari da stadio’ e si augura possano estinguersi, per far nascere una nuova serenità. Che attendiamo si realizzi.
Giuliano Orlando
 
Giuliano Orlando

 

 

 

 

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