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Il 30 dicembre del 1952, sul ring di White Plains, New Yorkdi Alessandro Bisozzi Nicola Funari era nato a Civitavecchia nel 1929 e aveva mosso i primi passi sul ring, sotto la guida del grande Carlo Saraudi, ad appena tredici anni. Il suo esordio tra i dilettanti avvenne tre anni dopo, nella stessa riunione che vide il ritorno sul ring, dopo sei anni di assenza, dell'indimenticato Vittorio Tamagnini. Fu un evento memorabile. Civitavecchia stava faticosamente risorgendo dalle rovine dei violenti bombardamenti che l'avevano rasa al suolo quasi per intero e quella riunione fu un'occasione per festeggiare la fine di un incubo e l'inizio di una nuova vita. Per alcuni giovani pugili civitavecchiesi fu la prima occasione, dopo tantissimo tempo, di mostrarsi al pubblico della propria città. In quella serata, sopra un raffazzonato ring tirato su nel piccolo edificio del dopolavoro dello stabilimento Italcementi, si cimentarono quattro giovani promesse della boxe civitavecchiese: i pesi welter Renato Pierucci ed Ezio Nardangeli, il peso leggero Francesco Fratalia e il piuma Nicola Funari. Vittorio Tamagnini batté ai punti l'esordiente Guerrino Cosmi, poi scese dal ring e consegnò definitivamente al chiodo i suoi guantoni e agli annali la sua magnifica carriera. Il testimone era idealmente passato dalle mani, anzi dai pugni, dell'ex campione europeo a quelle di Nicola, giovanotto pieno di bellicose speranze. Funari aveva le giuste qualità per fare strada, la sua boxe era un misto di istinto e pura scienza pugilistica. Intelligente e scaltro, pur non avendo il pugno del k.o. aveva sviluppato delle tecniche e delle strategie da autentico fuoriclasse. Era veloce e per questa dote venne più volte paragonato a Tamagnini, al quale, tuttavia, non assomigliava per impeto e ardore battagliero: irrefrenabile e scatenato quest'ultimo, quanto freddo e calcolatore Nicola che dopo il suo esordio negli Stati Uniti venne definito: "il più bel prodotto venuto dall'Europa dopo Marcel Cerdan". Pat Mallane era un terribile picchiatore di origine irlandese. Pugile molto pericoloso, e dalla tecnica dirompente, in appena due anni di professionismo aveva disputato ventisette incontri vincendone ventidue, di cui diciotto per fuori combattimento. Rotto alle dure battaglie, Mallane aveva sviluppato, fin dal dilettantismo, tutte le astuzie per porre fine ai combattimenti nel più breve tempo possibile. Egli assaliva l'avversario con una violenza inusitata fin dal primo secondo dello scontro; una pratica che lasciava poco spazio anche al pugile più robusto e prudente, il quale spesso soccombeva senza alcuna possibilità di porre un argine ad una tale irruente aggressività. Una tecnica che lo esponeva a rischi altissimi, ma che ne decretò, in breve tempo, la sinistra fama di killer del ring. È la sera del 30 dicembre del 1952, sul ring del Westchester County Center di White Plains, a New York, Pat Mallane si appresta a fare gli onori di casa a Nicola Funari. L'americano, che è un peso leggero, oltre ad essere più pesante appare decisamente più robusto dell'avversario. L'avvio è veloce, Mallane investe l'italiano con una serie pesantissima di colpi che Nicola riesce in parte a evitare grazie ai suoi rapidi spostamenti. Un attacco violentissimo che Funari argina con freddezza ed efficacia, riuscendo a far scaricare l'aggressività dell'avversario, per la maggior parte delle volte, intorno alla sua figura. Dalla terza ripresa il civitavecchiese inizia a cambiare atteggiamento. Ad ogni colpo ricevuto replica immediatamente con raddoppiata aggressività, una condotta che sconcerta l'americano e lo costringe ad una certa cautela. In breve, l'irruenza del pugile di casa sembra essere stata domata dalla classe dell'italiano il quale, intuito il momento favorevole, ora appare più sicuro e dinamico, mentre passa all'attacco con sempre maggior decisione. Mallane tuttavia è un lottatore ostinato e lo scontro si fa oltremodo cruento; un vero spettacolo per il pubblico del Westchester, al quale Funari aveva già offerto un'esibizione magistrale, quattro settimane prima, contro Jimmy Wilde. Il combattimento assume toni epici e drammatici, gli assalti dall'una e dall'altra parte si susseguono con spietata durezza; l'italiano sfodera una prestazione superba, confermando le sue eccellenti qualità di picchiatore instancabile. Pur non essendo un mancino, egli ha nel gancio sinistro un'arma sorprendente e questo disorienta l'americano, frustrato per non essere riuscito ad eliminare l'avversario nelle prime riprese. Otto round massacranti durante i quali la migliore condizione di forma di Funari e la sua maggior precisione nel centrare il bersaglio utile fanno la differenza. Una differenza che purtroppo i giudici non rilevano, assegnando un verdetto di parità assai discutibile e contestato a lungo da buona parte degli spettatori. Alessandro Bisozzi |
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