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Il 15 aprile 1951, Waldbuehne di Berlino.di Alessandro Bisozzi Che sinistro ragazzi! Mai vista tanta potenza scatenata con altrettanta eleganza. Un colpo perfetto nella sua semplicità, una stoccata dagli effetti ipnotici (come i suoi ammalianti occhi verdi) che trasformava i più rudi avversari in docili agnellini pronti al sacrificio. Nato a Berlino il 12 aprile 1930, Gustav Scholz, detto "Bubi", cominciò a tirare di boxe a un'età un po' avanzata per la verità: diciassette anni. Longilineo peso welter, dotato di una classe istintiva ben superiore a quella dei suoi coetanei, il bravo giovanotto bruciò le tappe e senza nemmeno affacciarsi tra i dilettanti, esordì nei professionisti l'anno seguente. Nel 1951 sconfisse il campione tedesco dei pesi welter Walter Schneider e conquistò il primo dei suoi sette titoli nazionali. Dopo dieci anni d'imbattibilità, Gustav conobbe la sua prima sconfitta, al Palais des Sports di Parigi, per mano del francese pluricampione d'Europa Charles Humez, in un match particolarmente violento che il tedesco riuscì tuttavia a finire in piedi, nonostante i due atterramenti subiti. Sette mesi dopo, nel corso del campionato d'Europa dei pesi medi, la tremenda rivincita di "Bubi" si accanì con tale furore vendicativo che Humez lasciò due denti sul tappeto dell'Olympiastadion di Berlino. Fu un combattimento terribile per entrambi i pugili, una lotta all'ultimo sangue dove il sinistro del tedesco inflisse danni devastanti ai connotati del francese, costretto ad abbandonare alla dodicesima ripresa a causa delle gravi ferite riportate. Per Humez fu l'ultimo incontro della sua magnifica carriera. Il nuovo campione d'Europa riprese così a vincere e si dovette aspettare quattro anni, era il 1962, prima di trovare un'altro fenomeno in grado di bloccarlo. Si trattava del nero americano Harold Johnson. La posta in palio era il titolo mondiale dei medio-massimi, una categoria di peso forse estranea alle caratteristiche fisiche di Scholz, che perse ai punti dopo quindici estenuanti riprese. Nato il 3 luglio del 1927 a Civitavecchia, Francesco Fratalia aveva iniziato la sua attività dilettantistica ancora giovanissimo. L'avvento della guerra bloccò, ritardando di alcuni anni, le velleità agonistiche del giovane pugile che esordì nel 1949 battendo il romano Silvio Carosi. Qualche match e alcuni mesi dopo, Francesco decise di partire per gli Stati Uniti e raggiungere suo zio a Brockton, nel Massachusetts, dove conobbe Rocky Marciano, il futuro campione del mondo dei pesi massimi, che gli appioppò immediatamente un nomignolo americano: "Frank Kid". Diventarono grandi amici e con l'aiuto del suo manager, Rocky lo aiutò a trovare dei buoni ingaggi. In una decina di combattimenti in meno di un anno, "Kid" si mise subito in mostra per le sue eccezionali qualità di picchiatore, doti che lo aiutarono ad uscire vincitore anche dagli scontri con Charlie Holmes, Billy Andy e Jackie Walker. Nel 1950, Francesco tornò in Italia e dopo aver affrontato alcuni match di preparazione gli proposero un incontro con Scholz, che nel frattempo stava organizzando il suo primo assalto al titolo tedesco. Il forte pugile civitavecchiese era stato uno dei migliori dilettanti della sua generazione e solo per uno stupido attacco di appendicite non poté partecipare alle Olimpiadi di Londra del 1948. Ora, però, si trovava davanti ad uno dei più pericolosi pugili d'Europa, un "guardia destra" dalle qualità sorprendenti che aveva all'attivo ventisette vittorie consecutive di cui undici per ko. Il Waldbuehne di Berlino, costruito in pieno Terzo Reich, è un anfiteatro all'aperto realizzato su disegno di un antico teatro greco e completato in occasione delle Olimpiadi del 1936. Il pomeriggio del 15 aprile 1951, quasi diecimila spettatori riempirono le tribune per assistere allo scontro tra il giovane talento tedesco e l'agguerrita "speranza italiana". Scholz era già una celebrità in Germania, la sua lunga imbattibilità parlava chiaro e il suo potente sinistro era l'attrazione principale nei "dialoghi" con gli avversari. Abile stratega dotato di maggior allungo, Fratalia manovra il jeb sinistro come un fioretto, cercando di tenere Gustave il più lontano possibile. Aggirandolo in senso orario, per non incrociare l'artiglieria pesante, il "Kid" continua ad infilare stoccate pericolose appena sopra la guardia del tedesco. La sua tattica è il movimento: colpire arretrando, tenere la distanza e doppiare col destro sfuggendo di lato, solo in questo modo si possono sostenere le otto riprese previste. Scholz cerca di stringere Francesco alle corde anticipandone lo spostamento, ma in questo modo apre la sua guardia e si espone troppe volte agli insidiosi e lunghi jeb dell'avversario. Poche le occasioni per scaricare il sinistro e ancora meno le possibilità di centrare un avversario così sfuggente. Il tedesco deve accorciare gli spazi e approfittando di un lieve rallentamento di Fratalia, verso la quarta ripresa, riesce finalmente a trovare la giusta misura per piazzare le sue formidabili bordate. La procedura è abbastanza semplice; il suo destro non è tecnicamente perfetto ma spiana la strada e carica la rotazione del tronco che accompagna come una catapulta l'arrivo della cannonata. Il sinistro invece è un capolavoro d'arte pura. Il diretto potrebbe abbattere un albero, il gancio deviare la carica di un toro. Potenza assoluta allo stato naturale. Colpi di una violenza inaudita che il civitavecchiese cerca in tutti i modi di evitare, ma che arrivano a segno in diverse occasioni. Ad un certo punto il viso del "Kid" si sporca di sangue: dal naso comincia una forte emorragia e sullo zigomo appare un taglio piuttosto serio; lo spietato contrattacco del tedesco, appena avviato, provoca già effetti devastanti. Nonostante il continuo sanguinamento, che i secondi all'angolo non riescono a bloccare, Fratalia si difende come un leone e in alcune fasi la sua esperienza riesce addirittura a prevalere sull'aggressività dell'altro; la tattica dinamica e veloce ha messo in difficoltà il berlinese che tuttavia riesce a portarsi in leggero vantaggio verso le ultime riprese. Il match si chiude tra gli applausi del pubblico che ha molto apprezzato la straordinaria prestazione del coraggioso italiano, per nulla intimorito dalle enormi potenzialità di Gustave Scholz. Qualcuno parlò di ingiusto verdetto, forse ci si aspettava un pareggio. Una cosa è certa: Francesco Fratalia aveva appena affrontato un giovane atleta destinato a diventare uno dei migliori pugili del mondo, un autentico fuoriclasse che lascerà la carriera da campione d'Europa (dopo aver battuto il nostro Giulio Rinaldi a Dortmund) dopo sedici anni di attività, novantasei combattimenti disputati, ottantotto vittorie di cui quarantasei per ko e due sole sconfitte! Successi ancora più straordinari se si tiene conto che Scholz, colpito da una grave forma di tubercolosi, dovette allontanarsi per due anni (dal 1955 al 1957) dall'attività sportiva. Fratalia rimase in Italia ancora un anno, poi tornò negli Stati Uniti dove si stabilì definitivamente chiudendo la carriera nel 1954. Di tutto rispetto anche il suo record: ottanta combattimenti da dilettante e trentuno da professionista, novanta vittorie totali in quindici anni di attività. Al termine della sua brillantissima carriera, "Bubi" cominciò a soffrire gravi problemi di salute che lo costrinsero a terapie psichiatriche accompagnate da un massiccio utilizzo di antidepressivi. In breve la sua vita si trasformò in una vorticosa discesa verso l'inferno della dipendenza agli psicofarmaci e all'alcool. La sera del 22 luglio 1984, dopo una violenta lite, Gustave uccise sua moglie con un colpo di fucile sparato attraverso la porta del bagno della sua casa a Berlino. Condannato con le attenuanti dell'incapacità di intendere e volere, egli fu rilasciato dopo soli tre anni di carcere, durante i quali tentò di suicidarsi per due volte. Ma ciò da cui non si liberò mai più fu la depressione e i terribili rimorsi che lo accompagnarono per il resto della sua triste vita, segnata da una progressiva e inesorabile demenza senile. Scholz è stato l'atleta che più di chiunque altro ha incarnato il simbolo della rinascita tedesca dopo la disfatta della guerra. La sintesi di una resurrezione. Fu l'emblema della volontà di sopravvivenza di un popolo vinto, al quale era stata dilaniata e dispersa nella polvere la stessa identità nazionale. Gustave "Bubi" Scholz morì a Berlino il 21 agosto del 2000. Alessandro Bisozzi |
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